Omicidio al bar Moulin Rouge di Reggio Emilia, niente ergastolo

Pena di 24 anni e mezzo per Hicham Boukssid, che uccise Hui Zhou. . Riconosciuta la crudeltà, ma non la premeditazione e i futili motivi

Omicidio al var Moulin Rouge a Reggio Emilia, il processo

Omicidio al var Moulin Rouge a Reggio Emilia, il processo

Reggio Emilia, 7 maggio 2022 - Ventiquattro anni e mezzo. È la condanna decisa al termine del processo di primo grado per Hicham Boukssid, il marocchino 36enne che uccise a coltellate l’8 agosto 2019 la giovane cinese Hui Zhou, mentre lavorava nel bar ‘Moulin rouge’ che gestiva con la famiglia in via Fratelli Manfredi.

Che lui fosse l’autore materiale era assodato, così come lo era il suo stato di seminfermità mentale. A lui è stato diagnosticato un disturbo della personalità schizotipico, con un nucleo deliroide che permea la sfera affettiva: l’amore per la giovane esisteva solo nella sua testa e si nutriva del significato fantasioso che lui attribuiva a determinati elementi.

Nel dibattimento, e anche ieri durante la discussione delle parti, è stata invece battaglia fino all’ultimo sulle tre aggravanti contestate a Boukssid: premeditazione, crudeltà e futili motivi. Aspetti su cui anche i quattro psichiatri nominati dal tribunale e dalle parti si sono soffermati per due udienze, pronunciandosi sulla loro compatibilità o meno con la malattia mentale e dando risposte non univoche.

L’avvocato difensore Pina Di Credico aveva chiesto per due volte che lui fosse giudicato in abbreviato, domanda bocciata. Ieri lui non era in aula: una precauzione presa dopo la pesante reazione emotiva avuta durante la scorsa udienza, che aveva comportato il suo trasporto con l’ambulanza in carcere. Dopo due ore in camera di consiglio, la Corte d’Assise - presieduta dal giudice Cristina Beretti, a latere Chiara Alberti e la giuria popolare - ha depennato la premeditazione e i futili motivi, riconosciuto la crudeltà e indicato l’attenuante della seminfermità mentale come equivalente alla crudeltà: un verdetto distante rispetto alle richieste delle parti.

Nella sua requisitoria il pm Marco Marano aveva chiesto l’ergastolo. Aveva bocciato lui stesso i futili motivi, "perché espressione della sua malattia". Aveva sostenuto la crudeltà e chiesto la bocciatura delle attenuanti generiche, in questo ottenendo il favore della Corte. Ma aveva perorato la premeditazione: "Arrivò nel bar con il coltello. I testimoni lo sentirono dire: ‘Uscite o vi ammazzo tutti. Non permettetevi di entrare’. Avrebbe potuto fare una scelta alternativa", ha detto riferendosi alle relazioni dei consulenti del pm e delle parti civili. Lo ha descritto come un uomo "che si era innamorato di una ragazza bella e giovane, che aveva corteggiato cercando anche di farsi benvolere dalla famiglia. Ma quando i conoscenti gli hanno fatto capire che per lui Hui era inarrivabile, aveva interpretato male le azioni della giovane ed era scattata la violenza, dettata non solo dalla seminfermità, ma con connotazioni legate a crudeltà e premeditazione".

Aggravanti che, per il pm, dovevano essere considerate prevalenti sul vizio parziale di mente. L’avvocato Di Credito aveva domandato che, a partire da 21 anni di pena, si togliesse un terzo per la seminfermità mentale, un terzo per le attenuanti generiche e un terzo per la mancata sussistenza delle aggravanti. Non sono mancati accenni polemici: "Sui social si è inneggiato alla sua malattia come strategia della difesa. È stato detto che io avrei dovuto chiedere scusa alla famiglia. E non è femminicidio così come lo ha liquidato il pm".

Ha insistito molto sulla malattia mentale, "manifestata anche da giovanissimo in Marocco" e sui suoi segnali in Italia. Ha detto che non ci poteva essere premeditazione: "Neppure il consulente del pm l’aveva ritenuta del tutto compatibile, mentre Gianfranco Rivellini, nominato dal tribunale, l’aveva esclusa. Manca la certezza richiesta dall’ultima sentenza pilota del 2020". Ma ha insistito molto sulla mancanza della crudeltà, portando due esempi. "In un’azione durata solo un minuto e mezzo non è configurabile. Melania Rea fu colpita con 35 fendenti, ma la Cassazione depennò l’aggravante. Non fu riconosciuta neppure per l’omicidio di Marco Montruccoli, che ricevette 17 coltellate". Esprimendo "parziale soddisfazione", la difesa preannuncia "ricorso in appello, soprattutto per crudeltà e attenuanti generiche".