Reggio Emilia, 21 agosto 2019 - Come ha fatto Hicham Boukssid a sopravvivere dieci giorni all’addiaccio? La domanda, per quanto banale, è tutta qua. Ed è la stessa che la polizia reggiana si sta ponendo. Perché svestiti i panni delle ricerche a tappeto, tra fitta boscaglia, rivoli, segnalazioni e poche ore di sonno, è arrivato il momento di riannodarsi la cravatta. E interrogarsi su quanto accaduto negli ultimi dieci, caldissimi giorni.
Hicham Boukssid si è costituito in piena notte. Ha trascorso l’intera latitanza a circa 700 metri dal bar Moulin Rouge, dove aveva compiuto l’efferato delitto. La polizia ha sempre proseguito le indagini su due fronti: quello reggiano, e quello fuori città. Da Ventimiglia ai rapporti con i magistrati del Marocco, fino a segnalazioni su un tram a Milano o a Torino. Ma non ha mai escluso una pista piuttosto di un’altra. Anche a distanza di una settimana dall’omicidio: perché semplicemente, non c’erano elementi validi per escluderle il nascondiglio in piena città.
Gli uomini della squadra mobile hanno giocato d’astuzia in alcuni casi. Troppi i sospetti sui cinque uomini marocchini fuggiti pochi istanti dopo le sette coltellate. Sia perché gli agenti sono rimasti (negativamente) sorpresi da un immobilismo collettivo degli undici presenti - compresa la distesa fuori - quel giovedì 8 agosto, mentre in 110 secondi Boukssid si accaniva senza pietà sull’indifesa Hui Zhou. Pur senza addossare colpe specifiche. Ma soprattutto gli uomini coinvolti conoscevano il killer. E le mancate ricerche iniziali non trovavano spiegazioni; almeno fino alla passeggiata notturna del 34enne marocchino: una volta in pugno, gli uomini della squadra mobile sono andati a bussare a casa dei sospetti indagando su di loro.
Semplicemente, erano tenuti fuori come esche. Controllati, monitorati e attenzionati per tutti i dieci giorni di latitanza, nella speranza che l’omicida di mettesse in contatto con loro. Formalmente, i cinque fermati risultano testimoni. Ma è chiaro che la loro posizione sarà valutata attentamente dagli inquirenti.
Boukssid non aveva un vero e proprio giaciglio dove dormire. Il materasso trovato è stato rinvenuto in un caseggiato abbandonato la prima notte. Ma verosimilmente il 34enne non è mai stato lì nei giorni successivi. Piuttosto girava da un posto all’altro, fino a Roncocesi addirittura, sfruttando il percorso del Crostolo e vari cunicoli tra acqua e boscaglia. Sorprende allora come degli oltre quaranta agenti impiegati per turno (compreso quello notturno erano quattro) non sia stata effettuata una mirata battuta sulla zona boschiva a ridosso della tangenziale. Un errore forse, che sarà valutato a mente fredda.
Uva (e frutta in generale) oltre a qualche rivolo d’acqua finora sono le ipotesi più accreditate dagli inquirenti di come l’assassino sia riuscito a sopravvivere. Esclusa invece la pista furti da contadini, ben monitorati dalla polizia. Chiaro, a febbraio una latitanza simile non sarebbe stato possibile. E questo - secondo le indagini - ha inciso più di quanto si possa credere. Così come i rapporti inesistenti (fratello escluso) con i famigliari, che negavano un ‘porto sicuro’ in cui sarebbe potuto rientrare.
Fermato l’omicida è stato il primo passo. Proseguire nelle indagini, l’inevitabile conclusione della terribile vicenda.