Omicidio di Codisotto, famiglia e sindacati tirano in ballo l’azienda: "Omissioni"

Iniziato il processo per la morte dell’ex rsu Ranjeet Bains, pestato da due connazionali. Richiesti risarcimenti milionari anche alla ’Quattro B’

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di Alessandra Codeluppi

Non solo i rapporti tra colleghi, ma anche le eventuali responsabilità dell’azienda: è pure l’ambiente di lavoro a finire sott’accusa, nella vicenda che riguarda il 38enne indiano Ranjeet Bains, residente a Motteggiana (Mn), pestato il 7 febbraio nell’azienda metalmeccanica ‘Quattro B’ a Codisotto di Luzzara, dove lavorava, e poi venuto a mancare, lasciando la moglie e due bambini. La famiglia della vittima ha chiesto alla ditta un risarcimento di 2 milioni e 300mila euro. E la Cgil, che intende costituirsi parte civile, vuole vederci chiaro. Per due connazionali indiani si è aperta ieri davanti al giudice Dario De Luca l’udienza preliminare: il pm Giacomo Forte, titolare dell’inchiesta condotta dai carabinieri, ha formulato l’accusa di omicidio preterintenzionale, con l’aggravante dei futili motivi. Si tratta di Paranjit Singh, 41 anni (assistito dagli avvocati Angelo Russo e Annalisa Guano) e del 42enne Charanjit Singh (tutelato dall’avvocato Giuseppe Migale Ranieri), entrambi residenti a Suzzara (Mn), sottoposti ai domiciliari in provincia di Latina e ieri assenti: hanno scelto il rito abbreviato. Secondo la ricostruzione accusatoria, nella sede della ditta di Codisotto entrambi avrebbero preso Bains a calci e pugni, per poi colpirlo almeno tre volte con un badile alla testa, al collo e alla schiena, e anche con altri oggetti metallici all’addome e alla gamba. All’inizio Bains era apparso cosciente e non sembrava grave: poi, dopo il decesso, si ipotizzò un malore seguito al diverbio coi colleghi. Ma l’autopsia ha rivelato un’altra causa: furono fatali due badilate inferte alla testa. Dalle prime testimonianze, era emersa l’ipotesi che i due indiani avrebbero voluto indurre Bains ad abbandonare quel posto di lavoro, che occupava da più di dieci anni, a favore di un loro parente. Ieri in tribunale c’erano la moglie della vittima e altri familiari che intendono costituirsi parte civile.

Al termine dell’udienza, l’avvocato Mauro Intagliata ha preannunciato battaglia anche in sede civile, dove intende chiamare a rispondere in solido non solo gli imputati, ma anche la ditta. "Attendiamo l’esito del processo penale per poi chiedere il ririsarcimento danni al titolare dell’azienda. A nostro avviso è responsabile di condotte omissive: ha tollerato condotte gravemente illecite dentro la ditta", è la pesante accusa lanciata dal legale: "Non è mai intervenuto verso i dipendenti che hanno ripetutamente vessato i lavoratori che agivano nell’interesse generale di tutti i colleghi. In particolare Bains è stato individuato come bersaglio per allontanare la presenza del sindacato e di chi voleva tutelare i lavoratori". I parenti assistiti da Intagliata - la vedova e i due figli minorenni - hanno chiesto danni per 1 milione e 300mila euro; gli altri tutelati dall’avvocato Francesco Tazzari hanno domandato un ulteriore milione: i genitori della vittima 400mila euro ciascuno, e il fratello 200mila. "La ditta ha ricevuto la nostra richiesta, risponendo che dispone di una copertura assicurativa. Non ha fatto ammissioni e non ha comunicato alcunché alla famiglia". La Cgil reggiana era rappresentata ieri dall’avvocato Federica Riccò. "Vogliamo costituirci parte civile: la nostra presenza è doverosa. Il sindacato intende stare vicino alla famiglia per chiarire quant’accaduto nel contesto lavorativo. Bains era iscritto alla Cgil da 15 anni ed era stato membro della rsu". Quanto hanno avuto peso le dinamiche aziendali? "È una realtà che emergerà dal processo. Noi di solito seguiamo gli infortuni, ma questa vicenda appare peculiare rispetto ai normali andamenti nei luoghi di lavoro. Comunque indagheremo nel corso della discussione".