Omicidio di Juana Cecilia, giudizio immediato Genco rischia la condanna all’ergastolo

Il delitto che sconvolse la città. Il Gip Silvia Guareschi ha emesso il decreto. Il processo inizierà il 7 ottobre in Corte d’Assise

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di Alessandra Codeluppi

Rischia l’ergastolo il 25enne Mirko Genco, autore di un femminicidio che ha sconvolto la città: l’ex fidanzata, la 34enne Juana Cecilia Hazana Loayza, che era stata anche una sua vittima di stalking, fu uccisa nella notte del 20 novembre nel parco della Polveriera.

Per lui, sottoposto alla custodia cautelare nel carcere di Modena, il gip Silvia Guareschi ha emesso il decreto di giudizio immediato, fissando il processo davanti alla corte d’Assise per il 7 ottobre. Il pm Maria Rita Pantani, titolare dell’indagine, gli contesta l’omicidio volontario pluriaggravato: l’imputazion esclude il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo di pena in caso di condanna.

La difesa, affidata all’avvocato Alessandra Bonini, fa sapere che "sta valutando se avanzare la richiesta di rito abbreviato". (la cui richiesta, il difensore, in concreto, può comunque considerare di avanzare).

Secondo la ricostruzione del pm, il 25enne, dopo aver condotto Juana Cecilia in un parco, l’avrebbe aggredita e spinta a terra nel parco della Polveriera. Dapprima avrebbe cercato di strangolarla, "con tale violenza da causarle la frattura dell’osso ioide", nella parte anteriore del collo. Poi, una volta constatato che non era ancora morta, usando un coltello da cucina lungo 22 centimetri - di cui 11 di lama - l’avrebbe colpita con più fendenti, di cui almeno due colpi penetrati nel corpo e gli altri trasversali. A Genco vengono contestate tre aggravanti. Quella di aver colpito una vittima di stalking: lui l’aveva molestata con messaggi insistenti per tutta la serata e l’aveva accompagnata a casa nonostante lei avesse manifestato contrarietà. Non solo: lei aveva subìto tra agosto e settembre 2021 atti persecutori da parte di lui. Poi l’aver approfittato dell’ora notturna e del luogo appartato e poco illuminato. E i futili motivi: ovvero "il rancore per un’uscita serale della vittima e le parole che lei gli avrebbe rivolto". Altra pesante accusa, la violenza sessuale: avrebbe abusato di lei, "palesemente ubriaca", costringendola a subire un primo rapporto sessuale e poi, spingendola a terra, un secondo rapporto, proseguito anche durante il tentativo di strangolamento. Il reato è aggravato dal fatto che i due avevano avuto un legame sentimentale, dalle condizioni del luogo (buio e posto isolato) e dalla recidiva (anche se non è ancora passata in giudicato la precedente condanna per stalking).

Poi deve rispondere di altre accuse. Di rapina per essersi impossessato delle chiavi dell’appartamento della ragazza, quando lei era esanime dopo il tentativo di strangolamento, per poi salire in casa e prendere il coltello. Oltreché di furto aggravato in abitazione e porto di oggetti atti a offendere. Viene contestata anche l’evasione, per aver violato la misura degli arresti domiciliari a Parma.

Risultano tre parti offese. Sono il figlio della vittima, che oggi ha due anni, e il padre del bambino: le loro posizioni sono tutelate in sede penale dall’avvocato Federico De Belvis e in ambito civile dall’avvocato Francesca Guazzi. Nonché la madre di Cecilia, che era venuta a Reggio dal Perù per aiutare la figlia.