Omicidio di Juana Cecilia, via al processo a Reggio Emilia: il killer rischia l'ergastolo

Il pm cita 47 testimoni un anno dopo l'orrore nel parco: "Era riversa a terra, con gli abiti parzialmente scomposti, attinta da numerosi colpi di arma da taglio". In aula anche la mamma

Omicidio di Juana Cecilia, nel riquadro in basso. In alto il killer Mirko Genco

Omicidio di Juana Cecilia, nel riquadro in basso. In alto il killer Mirko Genco

Reggio Emilia, 7 ottobre 2022 - 'Riversa a terra, con gli abiti parzialmente scomposti, attinta da numerosi colpi di arma da taglio'. Nella descrizione del pm Maria Rita Pantani rivive, a ormai un anno di distanza, l'orrore dell'uccisione di Juana Cecilia Hazana Loayza, la 34enne di origine peruviana, ma reggiana d'adozione, morta il 20 novembre scorso per mano dell'ex convivente Mirko Genco, parmigiano 25enne, che si era già reso responsabile di stalking ai suoi danni.

Un caso di femminicidio che, per le sue modalità, ha sconvolto la città. Stamattina, in un'aula del tribunale gremita, si è aperto il processo con rito ordinario davanti alla Corte d'Assise, presieduta dal giudice Cristina Beretti con a latere il collega Giovanni Ghini e i membri popolari.

Il giovane, sottoposto alla custodia cautelare in carcere, deve rispondere di omicidio pluriaggravato, violenza sessuale verso la donna e altri reati connessi. Non è in discussione la sua responsabilità - lui ha confessato poco dopo l'omicidio -, ma l'accertamento di altre circostanze su cui, a quanto emerso stamattina, le parti si daranno battaglia. Il giovane rischia la pena dell'ergastolo.

Il pm Pantani ha citato 47 testimoni per chiarire numerosi aspetti del rapporto tra l'imputato e la vittima, e diverse situazioni. Il magistrato vuole dimostrare, anche attraverso la proiezione di alcune registrazioni fatte da Genco durante l'aggressione mortale in via Patti, che lei subì violenza sessuale e non diede alcun consenso. E, che per le sue modalità, l'omicidio fu caratterizzato da 'brutalità'. E ha riferito che Genco, nonostante la confessione, 'rese dichiarazioni non del tutto veritiere durante l'interrogatorio di garanzia'.

Parola, poi, alla difesa, affidata all'avvocato Alessandra Bonini: soffermandosi sul difficile passato familiare vissuto da Genco quand'era bambino, ha chiesto una perizia psichiatrica. E ha parlato di una memoria, fatta dal consulente di parte - lo psichiatra Giuseppe Cupello -, in cui si diagnostica a Genco una ridotta capacità di intendere e di volere del 25enne dovuta al suo vissuto.

Il deposito del documento è stato però rigettato dalla Corte e ora la difesa provvederà a citare il medico specialista come teste. La difesa ha anche sostenuto che il rapporto di coppia era 'malato' e caratterizzato da aspetti non lineari, con richieste di tipo economico da parte di lei.

In aula era presente la mamma di Juana Cecilia, cha era venuta in Italia per aiutare la figlia, e che si è costituita parte civile attraverso l'avvocato Giovanna Fava. 'Quell'uomo aveva disturbi, tanto che sconsigliai a mia figlia di frequentarlo. Lui minacciò sia me sia Huana Cecilia con un coltello. Ora chiedo giustizia: ho perso mia figlia, il mio nipotino ha perso la madre'.

Sono costituiti parte civile anche il figlioletto, che compirà 3 anni in febbraio e il padre Corrado Lolli, tramite gli avvocati Federico De Belvis e Francesca Guazzi. Stessa scelta per il Comune di Reggio, che ha dato sostegno alla nonna e al bambino, tramite l'avvocato Francesca Ghirri.

In campo anche le realtà che tutelano le donne: Nondasola è parte civile attraverso l'avvocato Samuela Frigeri. Con lei l'avvocato Federica Riccò che presiede Nondasola Reggio: 'Vengono sporte molte denunce, ma le donne non sono protette. Il caso di Huana Cecilia ha dimostrato le parecchie falle nel sistema della giustizia'.

È parte civile anche l'associazione Gens nova, che si occupa di tutela delle vittime di violenza, rappresentata dall'avvocato Alex Silvestri.

In aula c'erano diversi rappresentanti dell'associazione Nonunadimeno, che stamattina ha srotolato uno striscione davanti al tribunale per richiamare l'attenzione pubblica sulla tutela delle donne.