Omicidio Tiziana Gatti, è morta sbattendo la testa sulle scale

"Almeno restituisci il cellulare a mia figlia", le ultime parole al genero che hanno scatenato la furia dell’uomo che ha confessato

Tiziana Gatti aveva 61 anni

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Castelnovo Sotto (Reggio Emilia), 23 marzo 2022 - "Almeno restituisci il cellulare a mia figlia...". Ha fatto appena in tempo a dire queste parole la 61enne Tiziana Gatti, al suo ormai ex genero Osborne Tukpeh Antwi. La frase, che da sola lascia intendere tensioni preesistenti sulla separazione tra la figlia Paola Melli e il 36enne, ha funzionato da detonatore, facendo esplodere la violenza dell’uomo sulla vittima.

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Secondo quanto emerso dagli accertamenti svolti dai carabinieri, coordinati dal pm Cristina Piera Giannusa, lui si sarebbe avventato sulla 61enne, uccidendola. Poi, sottoposto a interrogatorio, ha confessato. Nella casa di Castelnovo Sotto, la donna era andata, come ogni giorno, a prendere i nipotini. Lei, da tutti descritta come una nonna attenta e premurosa, non immaginava quale destino l’avrebbe attesa all’inizio della settimana, un lunedì alle 7.30 che appariva come tanti altri, contrassegnato dagli impegni familiari.

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Da quanto ricostruito, di solito per prima nella casa di Paola, arrivava lei, Tiziana; poi la seguiva il marito Giovanni Melli, detto ‘Vanni’. Ma ad attenderla, questa volta, c’era la morte, con le sembianze a lei familiari del volto dell’ex marito della figlia. Sembra che lei fosse appena entrata nell’abitazione di via Rossini, una villetta a schiera, rimanendo sulla soglia. Dopo aver sentito quell’invito a restituire il telefonino alla figlia, lui, un uomo di corporatura massiccia, costruita anche grazie ai suoi trascorsi sportivi, avrebbe reagito in modo brutale.

L’avrebbe afferrata davanti, alle braccia. Poi avrebbe iniziato a scuoterla. E le avrebbe fatto battere la testa sui gradini della scala interna alla casa: la 61enne è rimasta ferita nella parte posteriore del capo, all’altezza del cervelletto. Secondo una ricostruzione emersa poco dopo l’omicidio, lui l’avrebbe colpita più volte con una katana di piccole dimensioni, che era in casa.

Sentito dagli inquirenti, Osborne, però, non ha detto di averla accoltellata. Dal sopralluogo è emerso che sulla scala c’era confusione, con diversi oggetti mescolati tra cui una collezione di katane dell’uomo dentro una scatola. A dire del 36enne, una di queste armi bianche sarebbe scivolata dal contenitore e avrebbe colpito la donna alla testa, nella parte posteriore, all’altezza della nuca: un racconto che, pur sembrando verosimile, dovrà essere verificato. Appare più probabile che il solo impatto del cranio con i gradini possa aver causato la morte, ma la certezza se per la 61enne sia stata fatale la botta oppure la ferita da katana potrà arrivare solo dall’autopsia che la Procura ha disposto.

Lui ha detto che dopo "lei era viva", descrivendola "con gli occhi sbarrati rivolti verso l’alto": ma questa circostanza è tutta da verificare.

La Procura ha formulato l’ipotesi di reato di omicidio volontario, aggravato da futili motivi. Secondo Isabella Chiesi, procuratore capo reggente, "la volontarietà appare piena". Al momento si esclude la premeditazione: "Sembrerebbe un omicidio d’impeto".

La morte è avvenuta sul colpo, davanti all’ex compagna e al figlio più grande, di quattro anni. Sul movente, il procuratore conferma: "C’erano tensioni dovute al fatto che la donna voleva separarsi, ma non erano stati aperti procedimenti particolari. Lui non aveva pendenze legate al Codice rosso".

Cosa abbia innescato la rabbia del 36enne, che avrebbe tentato il suicidio qualche mese fa, ancora non è chiaro: forse il risentimento verso la ex moglie, incomprensioni con i suoceri, il timore che i figli si legassero a loro e non a lui. Ancora tanti perché da chiarire, mentre resta un abisso di dolore.