Aemilia, lo sfogo di Pagliani: "Io, perseguitato politico: reati inventati"

Intervista dopo l’assoluzione in Cassazione: "Magistratura inquinata. Se fossi stato del Pd non sarei mai finito in questo inferno"

Giuseppe Pagliani (Foto Artioli)

Giuseppe Pagliani (Foto Artioli)

Reggio Emilia, 10 giugno 2022 - Giuseppe Pagliani, avvocato ed ex capogruppo di Forza Italia, è stato assolto in via definitiva in ‘Aemilia’, dopo il passaggio in Cassazione, dall’accusa di concorso esterno all’associazione mafiosa, dopo essere passato da sei processi.

Torniamo all’inizio. Al suo arresto, il 28 gennaio 2015.

"Fu pura fantascienza. Alle 3.40 suonarono alla mia casa di Arceto. I carabinieri perquisirono tutto: cucina, camera, persino i divani. Poi andarono nel mio studio legale a controllare i fascicoli. Neppure tre ore dopo mi dissero che sarei stato portato in carcere a Parma: ‘Sa – mi dissero – per i suoi rapporti coi mafiosi...’. Così iniziò questa follia, durata 7 anni 4 mesi e 10 giorni. Passai 22 giorni in galera. Avanzai una decina di richieste alla Dda per essere ascoltato, mai accolte. Un gip di Parma mi fece l’interrogatorio di garanzia. Poi presentai ricorso al Riesame, assistito dagli avvocati Romano Corsi e Alessandro Sivelli: il tribunale mi scarcerò, rimarcando che mancavano gli indizi. Poi scelsi il rito abbreviato: non per avere uno sconto di pena, ma per essere giudicato allo stato degli atti, sapendo di essere innocente".

Lei si sente vittima di una persecuzione giudiziaria e politica?

"È indubbio. Si è inventato un reato a mio carico e lo si è infilato in un’indagine di ‘ndrangheta, che però non vedeva coinvolta la mia parte politica. È stato sbagliato collegare sia me, sia Giovanni Paolo Bernini (politico di Parma, ndr) a un contesto che non conoscevamo. Ma il pm della Dda Marco Mescolini era vicino al Pd: lavorò (fuori ruolo, ndr) nel gabinetto del viceministro Roberto Pinza, all’epoca del governo Prodi, un incarico vicino alla politica. Se io fossi stato del Pd, mai sarei finito in quest’inferno. Il mio è stato un processo non basato sui fatti, ma politico. Basti pensare che le pm di Reggio chiesero poi di allontanarlo come procuratore capo, perché posticipò azioni su alcune indagini. Lo stesso Luca Palamara, nel libro di Alessandro Sallusti, lo colloca vicino al Pd: a Reggio era l’uomo giusto al posto giusto. Ha ragione Bernini: il processo ‘Aemilia’ sarebbe da riaprire perché ci si è dimenticati strumentalmente di una parte politica".

Nella sentenza di Appello che la assolve, si scrive che "Pagliani era consapevole della caratura criminale di Nicolino e Gianluigi Sarcone", che la cena agli ‘Antichi sapori’ del 21 marzo 2012 siglava l’accordo elettorale con la mafia, ma che poi quel patto non si realizzò: "Pagliani si defilò perché capì che poteva dargli più svantaggi".

"Di questa bellissima sentenza, è l’unica parte sbagliata. Seppi 48 ore dopo la cena che avevano partecipato persone non perbene: in un’intercettazione chiesi più volte a un collega chi fossero. Sonia Masini, Graziano Delrio, Fabio Filippi: nessuno di loro conosceva allora il percorso criminale di Nicolino Sarcone, perché avrei dovuto conoscerlo io?".

Nel suo lungo iter, ci sono state pronunce contrastanti. Una condanna a 4 anni e le assoluzioni. Diverse impugnaziono della Procura, e poi la Procura generale in Cassazione che ha chiesto fosse dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di secondo grado.

"Ho avuto sei processi. Io non ce l’ho coi giudici, tolto il primo processo in Appello. Ma la Procura, dopo aver preso schiaffoni, ha sempre incalzato con accuse forzose. Che l’accusa fosse infondata, lo ha detto lo stesso Procuratore della Cassazione, che ha sposato le tesi degli avvocati Sivelli e Borgnogno. C’è una parte della magistratura inquinata dalla politica. Se io non fossi un avvocato, se non fossi stato aiutato dagli ottimi avvocati Romano Corsi, Giovanni Tarquini, Sivelli e Borgogno, oggi cosa ne sarebbe di me? Io non parlo con odio, ma vorrei che i magistrati capissero quanto male mi hanno fatto e quanti soldi pubblici sono stati spesi per sei processi. Mio padre, che mi faceva forza, non ha potuto neppure vedere la fine di quest’incubo".

Tornerà a fare politica?

"Quando arrivò la vergognosa sentenza di condanna, in quel periodo per me si profilava una carriera politica al Parlamento. Decisi di lasciare e di dedicarmi al mio studio legale, che molto cresciuto e ora mi assorbe completamente. Ma non escludo di scrivere un libro sulla mia storia e di organizzare incontri per sensibilizzare sulla malagiustizia".

Domenica c’è il referendum sulla giustizia. In ballo anche la legge Severino sulla candidabilità dei politici in caso di condanna e la limitazione della custodia cautelare.

"La carcerazione di un innocente è un crimine. Io voterò tutti sì. Ma io punterei soprattutto sulla responsabilità del magistrato: è quella che serve per riformare la giustizia".