Pestaggio al bar: tre condannati e tre assolti

Nel 2015 al circolo Rondò un 46enne venne colpito con spranghe e mazze da baseball. Tre anni e due mesi di pena ai fratelli Amato

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Tre condanne e tre assoluzioni. È il verdetto emesso dal giudice Michela Caputo per i sei uomini accusati del violento pestaggio che avvenne il 19 luglio 2015 nel parcheggio del circolo ‘Rondò’ di via Rinaldi a Cavazzoli. Quel giorno l’ucraino 46enne Ivan Sobol venne colpito con spranghe, bastoni e mazze da baseball: finì all’ospedale con una prognosi di 43 giorni. Ieri il giudice ha deciso 3 anni e 2 mesi per tre fratelli della famiglia Amato. Si tratta di Alfredo Amato, che nel processo di ‘ndrangheta ‘Aemilia’ è stato condannato in via definitiva a 17 anni e ora si trova in carcere a Teramo, oltreché di Emilio Amato, entrambi assistiti dall’avvocato Franco Beretti. L’altro è Amedeo Amato, difeso dall’avvocato Raffaella Pellini.

Gli altri tre imputati sono stati assolti per insufficienza di prove: si tratta di Roberto Turrà (pure lui condannato definitivo in ‘Aemilia’ a 9 anni e mezzo), tutelato dall’avvocato Giuseppe Migale Ranieri così come Giuliano Floro Vito, e Roberto Martino, assistito dall’avvocato Giuseppe Caldarola. Per Sobol, costituito parte civile, è stata disposta una provvisionale. Per tutti il pm Maria Rita Pantani aveva chiesto 5 anni, tranne per Martino per il quale aveva domandato 3 anni e mezzo perché incensurato. Le difese avevano chiesto tutte quante l’assoluzione (in qualche caso, in subordine il minimo della pena) e le attenuanti generiche.

Secondo la ricostruzione accusatoria, l’aggressione fu preceduta da una banale lite il 15 gennaio dentro il locale. Pochi giorni dopo scoppiò un’altra discussione perché Sobol, mentre riportava i bicchieri al bancone, era passato in mezzo a due avventori, provocando la loro reazione "per mancanza di rispetto". Dopo quell’episodio la polizia di Stato denunciò i sei clienti e nello stesso anno il questore dispose la chiusura del locale per cinque giorni. Le difese valutano il ricorso in Appello: "Tre sono stati condannati e tre no. Ma la condotta contestata era identica per tutti: non c’era distinzione di ruoli. Nella denuncia Sobol faceva i nomi, poi aveva detto di non riconoscerli - dichiara l’avvocato Pellini -. Non mi aspettavo quest’epilogo, che appare come una punizione esemplare per i tre Amato alla luce dei loro trascorsi. Leggerò le motivazioni e poi valuterò se impugnare".

Alessandra Codeluppi