"Picchiato e ucciso da tre colpi di badile"

Omicidio di Codisotto nell’azienda metalmeccanica: per i due fratelli indiani inizierà il processo il 13 dicembre con rito abbreviato

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di Alessandra Codeluppi

"Lo hanno ferito entrambi con calci e pugni in diverse parti del corpo. Poi gli hanno inferto almeno tre colpi con un badile, attingendolo al capo, al collo e alla schiena. E lo hanno colpito con oggetti metallici imprecisati all’addome e alla gamba destra".

È la ricostruzione fatta dal pm Giacomo Forte, titolare dell’inchiesta, sul pestaggio che subì il 38enne indiano Ranjeet Bains, poi venuto a mancare. Lui, padre di due bambini, residente a Motteggiana (Mantova), è stato picchiato il 7 febbraio nell’azienda metalmeccanica ‘Quattro B’ srl a Codisotto di Luzzara, dove lavorava: l’aggressione ebbe in breve tempo conseguenze fatali.

Per la sua morte sono accusati di omicidio preterintenzionale, con l’aggravante dei futili motivi, due connazionali, ora sottoposti alla custodia cautelare ai domiciliari: si tratta dei fratelli Paranjit Singh, 41 anni (assistito dagli avvocati Angelo Russo e Annalisa Guano) e Charanjit Singh, di 42 (tutelato dall’avvocato Giuseppe Migale Ranieri), entrambi residenti a Suzzara (Mantova).

Subito dopo il pestaggio Bains era apparso cosciente e non sembrava versare in condizioni gravi. Ma poi la situazione è peggiorata fino alle estreme conseguenze. All’inizio si era pensato che il 38enne fosse morto a causa di un malore seguito a un diverbio coi due indiani. Nei momenti immediatamente successivi all’aggressione, non era apparso chiaro se fosse stato usato anche un badile. Ma poi sulla parte in metallo dell’attrezzo, consegnato ai carabinieri del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Parma, erano state trovate tracce di sangue. E, a seguito dell’autopsia, è emerso un quadro diverso: si sono rivelati fatali due colpi di badile inferti alla testa.

Nello specifico, secondo la relazione del medico legale, l’arresto cardiocircolatorio è stato conseguenza del trauma riportato al capo, che causò alla vittima un edema cerebrale e un ematoma. Fino a portarlo alla morte. In base a quanto emerso dai primi interrogatori e dalle testimonianze, i due imputati avrebbero voluto indurlo ad abbandonare quel posto di lavoro, che occupava da più di dieci anni, a favore di un loro parente. La famiglia della vittima ha parlato di un clima intimidatorio dovuto all’attività sindacale svolta dal 38enne. L’avvocato Francesco Tazzari tutela il padre e la madre della vittima; moglie, figli e fratello sono assistiti dall’avvocato Mauro Intagliata. Dopo aver saputo che le sue condizioni erano peggiorate, l’umore dei due connazionali, stando a quanto osservato, era apparso più cupo: nasce anche da qui l’ipotesi di accusa della morte preterintenzionale. Dopo essersi opposti al decreto di giudizio immediato, i due indiani hanno scelto il rito abbreviato. Il processo a loro carico è stato fissato per il 13 dicembre.