Montecchio, arrestato e liberato pittore ricercato in Francia

Lino Frongia raggiunto da un mandato europeo per un giro di dipinti falsi

Una pattuglia dei carabinieri

Una pattuglia dei carabinieri

Reggio Emilia, 11 settembre 2019 - Un intrigo internazionale sulla presunta falsificazione di opere d’arte di grandi maestri del passato. È in questo scenario investigativo, che parte dalla Francia, passa dal Liechtenstein e approda a Reggio, che si colloca l’arresto del pittore Pasquale Frongia detto ‘Lino’.

L’artista, 61 anni, è finito in manette a Montecchio, paese dov’è nato e dove i carabinieri lo hanno raggiunto martedì mattina nella sua abitazione di via Casoni. I militari hanno dato esecuzione a un provvedimento restrittivo emesso dalle autorità francesi, per un presunto giro di opere d’arte del Cinquecento, Seicento e Ottocento che sarebbero state duplicate.

Il pittore è stato colpito da un mandato di arresto europeo per le ipotesi di reato di truffa e riciclaggio. Da quanto emerge, non appena Frongia ha saputo del provvedimento, si è subito reso reperibile nella sua casa costituendosi ai carabinieri. Dopo il passaggio in abitazione, è stato accompagnato in caserma e poi al carcere della Pulce. Poi stamattina, dopo un’udienza in Corte d’Appello a Bologna, dov’è stato sottoposto all’identificazione, è stato liberato perché il giudice non ha ravvisato per lui le esigenze cautelari. Ora, dunque, si trova a piede libero.

Da almeno tre anni le autorità francesi stanno indagando sulla sua figura e il suo operato di pittore e copista di arte antica. Su ordine della magistratura d’Oltralpe, infatti, la Finanza piombò nel palazzo ‘Ca’ dei carraresi’ a Treviso, dove il primo maggio 2016 sequestrò un’opera di El Greco, raffigurante San Francesco, nell’ultimo giorno della mostra dedicata all’artista ellenico, maestro del tardo Rinascimento spagnolo.

Il dipinto, un olio su rame che apparteneva a Frongia, era sospettato di essere un falso, cioé una riproduzione di alto livello, e fu consegnata alle autorità francesi. Il pittore fece ricorso al Riesame veneto che annullò l’ordinanza straniera, ritenendo che la richiesta della magistratura francese fosse immotivata, seppur il dipinto rimase nelle mani degli inquirenti di Parigi. A sostegno dell’autenticità dell’opera si schierarono alcuni esperti e critici d’arte, tra cui Vittorio Sgarbi, che tre anni fa, sul Carlino, dichiarò di aver partecipato come consulente all’acquisto dell’opera di El Greco da parte del pittore montecchiese.

L’inchiesta parigina cominciò dopo l’acquisto, da parte del principe del Liechtenstein, di un opera di Luchas Cranach, ‘La Venere’ (1531), a Londra, per sette milioni di euro: la tela fu esposta ad Aix-en-Provence nel marzo 2016, ma fu sospettata di essere falsa e venne anch’essa sequestrata. Per questa vicenda altri due reggiani, padre e figlio, finirono sott’inchiesta in Francia. Gli accertamenti, che tuttora proseguono, hanno poi riguardato il caso ‘El Greco’, ma potrebbero essersi allargati anche ad altre opere.