Operazioni sospette per 32,6 milioni in un anno: Poste Italiane nel mirino della Finanza

Le Fiamme Gialle hanno notificato al responsabile anti-riciclaggio dell'azienda un verbale di contestazione amministrativa per omessa segnalazione

Indagini della Guardia di Finanza

Indagini della Guardia di Finanza

Reggio Emilia, 13 febbraio 2015 -  Operazioni sospette per ben 32,6milioni di euro in un solo anno.  La Guardia di Finanza ha notificato al responsabile anti-riciclaggio di Poste Italiane di Reggio Emilia un verbale di contestazione amministrativa per omessa segnalazione di operazioni sospette. La movimentazione di denaro contestata riguarda circa 187mila operazioni, per 32,6 milioni di euro, nel 2011. 

Non si tratta di illeciti penali, ma di una rilievi di natura amministrativa a cui la finanza  è arrivata dopo che, in un ramo dell'inchiesta ‘Aemilià della Dda di Bologna contro la ‘Ndrangheta, gli inquirenti si imbatterono in un utilizzo frequente da parte di prestanome indagati legati a Giuseppe Giglio - uno degli arrestati  per la presunta associazione a delinquere di stampo mafioso - delle filiali reggiane delle Poste, per liquidare assegni o titoli frutto di estorsioni o di usura, oppure nell’ambito di cosiddette frodi ‘carosello'. 

Un sistema per ottenere il contante senza problemi né impedimenti. La legge antiriciclaggio prevede infatti soglie e limiti per questo tipo di operazioni, ma soprattutto fa scattare allarmi che dovrebbero trasformarsi in segnalazioni alla Banca d'Italia. Invece, per gli inquirenti, queste movimentazioni ripetute e per quantità anche ingenti di  contante avrebbero sì allertato il sistema informatico delle Poste, ma non sarebbero mai sfociate in segnalazioni a Bankitalia

La finanza, partendo dai casi legati all'inchiesta Aemilia,  ha proseguito gli accertamenti e ha scoperto quello che è apparso come un sistema più vasto - di cui il denaro movimentato dalla ‘ndrangheta è solo una piccola percentuale - di mancati controlli, oggetto del verbale notificato ieri. Ora le Poste, che teoricamente rischiano una sanzione amministrativa fino a 13 milioni di euro, potranno difendersi e sostenere perché non hanno segnalato le operazioni sospette.