
I rilievi in aula, punto per punto, degli avvocati Mazza e Ognibene "Gli assistenti non lavorano con uno sguardo voyeuristico".
"Gli assistenti sociali non si laureano per schiacciare il tasto di un registratore. Non hanno uno sguardo voyeuristico, ma fanno le valutazioni che i servizi devono adottare". Argomentando contro le accuse di falso nelle relazioni, lo ha detto ieri l’avvocato Rossella Ognibene nel processo sui presunti affidi illeciti di bambini a Bibbiano, durante l’arringa per l’ex responsabile dei servizi sociali Federica Anghinolfi, difesa insieme all’avvocato Oliviero Mazza. Per Anghinolfi il pm Valentina Salvi ha chiesto la condanna più alta tra quelle per i 14 imputati: 15 anni di reclusione per numerose contestazioni in concorso con altri.
Sul caso di un bambino, Ognibene ha respinto l’accusa formulata di "relazionare in maniera suggestiva". Valutazioni fatte "sulla base di dati oggettivamente raccolti non solo dell’assistente sociale Sara Gibertini, ma anche della cartella clinica fatta da una psicologa Ausl che incontrò il minore". Quest’ultima professionista gli chiese perché facesse atti di natura sessuale da solo e con i compagni alla scuola materna: "Lui rispose con un gioco simbolico: prese un pupazzetto di lui e del fratellastro e li mise nello stesso letto". Secondo il legale, non regge neppure l’accusa di aver connotato il nonno come "dedito dell’alcol".
Sul segreto della vera paternità biologica del bambino – per l’accusa la madre sarebbe stata costretta a rivelare al figlio che il suo attuale compagno non era il padre naturale per indurlo a rivelare presunti abusi da lui subiti –, secondo il difensore "è verosimile che la valutazione sia della psicologa Ausl. Nessun teste coinvolge Anghinolfi".
Sulla stessa famiglia, il difensore ha evidenziato che violò il decretò del tribunale dei Minori (aprile 2015) che prevedeva la sospensione degli incontri: "Non si trattò solo di andare insieme al campeggio. Il fratellastro dormiva nella stessa casa". Per poi concludere: "C’erano tutti i presupposti per operare. Non c’era solo un’asettica violazione di quanto prescritto dal tribunale dei Minori, ma anche un aggravamento delle condizioni del bambino, tanto che la neuropsichiatra propose per lui un certificato ai sensi della 104".
Alessandra Codeluppi