Prima di morire ha scritto: "Perdonatemi"

Giovedì mattina l’avvocato Aineo Redo, 48 anin, è salito in studio e lasciato un biglietto. Un altro messaggio l’aveva portato con sé

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Due biglietti d’addio. Uno l’ha lasciato ai colleghi, in studio, prima di avviarsi a piedi verso la morte: "Perdonatemi".

Uno se l’è messo in tasca, sapendo che gli inquirenti l’avrebbero trovato dopo pochi minuti; che i dubbi sulla sua morte, insomma, si sarebbero dissolti in breve tempo.

L’avvocato Aineo Redo, 48 anni, era sempre così. Puntuale e diligente, spesso premuroso. Anche nei minuti finali della sua vita – giovedì mattina, prima di ferirsi mortalmente alla gola nella galleria pedonale della Bnl, tra la via Emilia e via San Giuseppe – si è organizzato, non ha lasciato questioni in sospeso, si è preoccupato di lasciare addii e fornire spiegazioni. Nulla invece alla famiglia, alla moglie e ai due ragazzi; forse perchè di fronte agli affetti più cari, le parole non bastano, suonano comunque come inadeguate, imperfette.

Cosa possa aver spinto ’Enea’ – come lo chiamavano gli amici più cari – a togliersi la vita, è scritto solo nel destino.

Era un combattente, un carattere indomito, una persona di valore, capace di vivere senza risparmio.

In patria, in Albania, si era laureato in fisica ed era diventato insegnante. Ma lui aveva un altro progetto, un altro sogno. Così partì in gommone, con solo i vestiti che indossava e un dizionario di italiano.

A Reggio ripartì da mestieri duri e difficili: lo stalliere, il fornaio, l’operaio in ceramica. Fatica e turni. Nel poco tempo che gli rimaneva, studiava giurisprudenza a Parma. Il resto è storia nota: diventato avvocato, da anni nello studio dei colleghi (e amici) Mario Di Frenna e Franco Beretti si occupava in particolare di immigrazione. Insomma, seguiva le vicende di chi cercava di ricalcare le sue orme, di chi voleva ripartire daccapo.

Cosa può aver turbato un uomo così gentile e così forte, temprato da mille battaglie, un marito e padre che agli stessi famigliari è apparso fino all’ultimo innamorato della vita, della professione, del calcio?

Negli ambienti forensi qualcuno dice, a mezza voce, che Aineo aveva scoperto di essere ammalato e faticava a reggere il peso della preoccupazione; un leone che, dopo tante battaglie, rinuncia alla lotta, cede allo sconforto, sceglie di andarsene. E’ una voce, niente di più. Ma che potrebbe dare una spiegazione al gesto d’addio di una persona sempre equilibrata, senza ombre, che non aveva mai dato segno di un malessere psicologico.

L’autopsia ormai darà solo riscontri utili a fissare con certezza le modalità del decesso. Per il resto, parlano i biglietti, quella commovente richiesta di perdono e un mazzo di fiori bianchi che un cuore buono ha lasciato in quell’angolo buio della galleria.

Andrea Fiori