Processo Aemilia 1992, la pm. "Spiace che il Comune non sia parte civile"

Iniziata la requisitoria sugli omicidi di ’ndrangheta: la pm Beatrice Ronchi stupita dall’assenza dell’Amministrazione

Il pubblico ministero del processo Aemilia 1992 Beatrice Ronchi

Il pubblico ministero del processo Aemilia 1992 Beatrice Ronchi

Reggio Emilia, 22 febbraio 2020 - «Spiace e sorprende che il Comune di Reggio non si sia costituito parte civile…". È iniziata ieri con una bordata all’Amministrazione la requisitoria della pm Beatrice Ronchi al termine del dibattimento del processo ‘Aemilia 1992’ sugli omicidi di ‘ndrangheta in quegli anni. Due i delitti oggetto del procedimento, ossìa l’uccisione di Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero, avvenuti nell’ottobre di 28 anni fa in città e a Brescello (Comune che invece si è costituito parte civile, con il sindaco Elena Benassi presente in aula dove per la prima volta ad assistere c’era pure una classe, la 5^B del liceo Spallanzani).

Quattro gli imputati per quei fatti di sangue che secondo l’accusa sono stati epilogo delle faide tra famiglie mafiose di Cutro: il boss Nicolino Grande Aracri (che ha seguito l’udienza in videocollegamento dal carcere di Opera in cui è ristretto al 41 bis), Angelo Greco (anch’egli via streaming dalla cella), Antonio Ciampà detto ‘Coniglio’ (il quale non si è mai visto, preferendo restare ‘defilato’) e Antonio Le Rose (a piede libero, presente ieri un aula).

Negli omicidi erano coinvolti anche Nicolino Sarcone, braccio destro del boss, reo confesso condannato in primo grado a 30 anni, ma anche i pentiti Antonio Valerio (autoaccusatosi nelle sue rivelazioni e dunque condannato nel 2018 rinunciando all’appello) e Angelo Salvatore Cortese, assolto in secondo grado. E proprio sui due collaboratori di giustizia, il magistrato della Dda si è soffermata. «Nella mia carriera, tra cui 10 anni a Reggio Calabria non ho mai visto un pentito così preciso". E ancora: "Cortese già nel 2008 aveva dato agli inquirenti dettagli veramente precisi, preziosi e puntuali che solo chi conosceva i fatti per averli vissuti in diretta poteva darli. Dettagli lasciati lì per anni nelle carte degli interrogatori, mentre avrebbero potuto essere sviluppati…", ha proseguito la pm – riferendosi in particolare al viaggio nella notte tra il 13 e il 14 ottobre del ’92 dei killer di Ruggiero dalla Calabria all’Emilia, circostanze poi confermate dai tabulati – non lesinando una stoccata a chi condusse le indagini che portarono al primo processo, nel ’97, sugli stessi fatti, che portarono all’ergastolo i mandanti Raffaele Dragone classe ’63 e Domenico Lucente (morto suicida in carcere), nipoti del vecchio boss Antonio Dragone.

"Un quadro probatorio divenuto granitico", ha continuato la Ronchi, la quale ha ringraziato il dirigente della squadra mobile Guglielmo Battisti e i suoi uomini che hanno svolto le indagini "sacrificando le ferie nel rovente e frenetico agosto 2017", scagliando anche una frecciata alle difese definite "evanescenti", così come direttamente al boss Grande Aracri: "Gli attacchi rivolti ai pentiti sono il residuo di polveri bagnate che rimane al boss di Cutro per arrabattare una difesa…".

Una requisitoria-maratona durata dalle 10 del mattino alle 18 del pomeriggio (con in mezzo una piccola pausa pranzo) che continuerà venerdì prossimo e quello successivo in cui la Ronchi formulerà le richieste di condanna.