Processo Aemilia: in Appello confermati due anni a Iaquinta

'Ndrangheta: per Vincenzo è scattata la condizionale, mentre al padre la pena è stata ridotta da 19 a 13 anni. Settecento anni di condanne per i 118 imputati

Processo Aemilia, oggi il verdetto d'appello

Processo Aemilia, oggi il verdetto d'appello

Reggio Emilia, 17 dicembre 2020 - Sono le 17.05 quando il presidente di Corte d’Appello di Bologna si presenta davanti alla platea di avvocati presenti nell’aula bunker del carcere della Dozza per pronunciare la sentenza d’appello del processo Aemilia che ha visto ieri la sua conclusione. Al suo fianco i giudici a latere Maurizio Passarini e Giuditta Silverstrini. Sono trascorse 5 ore e 20 minuti di Camera di Consiglio e quello che ne scaturisce è una sentenza di Apello in cui viene confermata l’associazione mafiosa per i big già condannati in primo grado a Reggio Emilia, ma con pene notevolmente alleggerite rispetto a quanto stabilito appunto, nel 2018, e soprattutto rispetto a quanto richiesto dalla Procura Generale, formata dai Procuratori Circerchia, Giovannini e Musti.

I procuratori avevano avanzato richieste per un totale di 1092 anni con una sola richiesta di assoluzione (per Gino Gibertini, condannato a 8 anni in primo grado), alla fine la Corte d’Appello, scaricando notevolmente il numero delle aggravanti, non è andata oltre a poco meno di 700 e qualche mese (calcolo approssimativo che andrà verificato nelle prossime ore dato l’altissimo numero di imputati, 118), con ben 25 assoluzioni e non ‘doversi procedere’. Soprattutto ben poche, se non nessuna sono state le richieste di revisione al rialzo delle pene avanzate dalla Procura Generale che sono state accolte dalla Corte.

La sensazione, con varie gradazioni, chiaramente è che tra gli avvocati presenti alla Dozza, e quelli in collegamento dall’Aula Bachelet in piazza dei Tribunali, in centro a Bologna, vi fosse la consapevolezza che la mano del giudice avrebbe potuto essere molto più pesante. Va da sé che , con varie sfumature e con l’attenzione che si deve per ciascuna singola posizione, nel dispositivo viene confermata l’associazione mafiosa per molti dei personaggi ‘noti’ e che conferma come il fenomeno ‘ndranghetistico fosse profondamente radicato in territorio emiliano e in quello reggiano in particolare e, soprattutto, nella provincia di Reggio Emilia.

La lettura è durata un’ora e mezza e tra gli imputati principali Gaetano Blasco è passato da 38 anni a 22, Michele Bolognino, che aveva ricevuto pene totali tra abbreviato e procedimento ordinario per 38 anni se li è visti ridurre a 21, così come Giuseppe Iaquinta, condannato a 19 anni in primo grado, ha visto la sua pena ridotta in secondo grado a 13 (anche se lui, si è sempre dichiarato estraneo al fenomeno ndranghetistico pure con dichiarazioni spontanee fatte in aula, pertanto, per bocca del suo legale, la sentenza non lo soddisfa). Infine una parola anche per Vincenzo Iaquinta, figlio di Giuseppe, ex calciatore della Juventus e campione del mondo del 2006, condannato a 2 anni in primo grado per reati d’armi e che oggi si è visto riconosciuta la sospensione condizionale della pena. Sarà interessante, una volta depositate, leggere le motivazioni di una sentenza che farà discutere nelle settimane a venire

La sentenza di primo grado

La sentenza di primo grado era stata emessa a Reggio il 31 ottobre 2018 dalla Corte presieduta dal giudice Francesco Caruso, a latere i colleghi Cristina Beretti e Andrea Rat. Ventiquattro imputati erano stati giudicati con rito abbreviato, riportando condanne per 325 anni di carcere. Erano state 118 le persone che avevano scelto il dibattimento: per loro erano stati disposti oltre 1.200 anni di pena (24 le assoluzioni, 5 gli imputati per cui i reati erano stati dichiarati prescritti, uno deceduto).