Bologna, 4 aprile 2025 - “Più parole avrebbero dovuto essere scritte per restituire l'umanità, l'atrocità, il contesto e la modalità dell'uccisione di questa povera ragazza". Inizia così la requisitoria della Procura generale durante la quinta udienza del processo d'appello per l'omicidio di Saman Abbas, 18enne di origine pakistana uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 nelle campagne di Novellara, Reggio Emilia.

Oggi ci sono state le audizioni di Dominic Salsarola, perito, archeologo forense, che ha svolto le analisi sulla fossa in cui è stato sepolto il corpo di Saman, e di Pier Matteo Barone, consulente di parte per i difensori dei cugini, gli avvocati Luigi Scarcella e Mariagrazia Petrelli, che difendono rispettivamente Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz.
"La critica che si muove alla sentenza attiene ovviamente all'associazione di Nomanhulaq e Ijaz e all'esclusione delle aggravanti - prosegue la Procura generale -, a cui la Corte di Reggio Emilia perviene eliminando prove assolutamente decisive, travisando le dichiarazioni di testimoni, discostandosi dagli accertamenti peritali, fino a costruire uno scenario che offusca la realtà, che è purtroppo più basilare, nella sua drammaticità ".
E la Procura generale insiste sul fatto che nel video, mostrato in aula, che si riferisce al 29 aprile c'è tutto ciò che serve per mostrare che l'omicidio fosse stato pianificato: quelle immagini sono la prova che c'è stata premeditazione.
Nel frattempo la mamma di Saman, Nazia Shaheen, non è presente in quanto ha rinunciato a comparire in aula. Lei e il marito Shabbar Abbas sono stati condannati all'ergastolo in primo grado per l'omicidio della figlia, mentre lo zio Danish Hasnain è stato condannato a 14 anni.
I due cugini potrebbero decidere di fare dichiarazioni spontanee nelle prossime udienze.