Processo ‘Nottingham’ "Rivelò informazioni", carabiniere condannato

Nove mesi a Vincenzo Lignitto e Anna Maria Corsi che gli chiese di ‘indagare’ "Entrò abusivamente nella banca dati per fare accertamenti su tre persone" .

Processo ‘Nottingham’  "Rivelò informazioni",  carabiniere condannato

Processo ‘Nottingham’ "Rivelò informazioni", carabiniere condannato

di Alessandra Codeluppi

Nove mesi, con pena sospesa e attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. È la condanna decisa ieri dal giudice Francesca Piergallini per il carabiniere 49enne Vincenzo Lignitto e la 79enne Anna Maria Corsi, gli unici due imputati rimasti nel processo scaturito dall’inchiesta ‘Nottingham’ su un presunto giro di tangenti che avrebbe coinvolto personale dell’Agenzia delle Entrate. L’anno scorso fu infatti dichiarata la prescrizione per i reati contestati ad altri quattro imputati. Per loro il pm Giulia Stignani aveva chiesto 3 anni: secondo la Procura, Lignitto, appuntato dei carabinieri, "su istigazione di Corsi si introdusse abusivamente nel sistema informatico Sdi, la banca dati interforze, violando doveri inerenti alla funzione svolta, per fare accertamenti sul conto di tre persone", tra cui figurava Omar Costi, poi condannato nel processo ‘Aemilia’ (ai tempi, nel 2014, non era imputato). Il pm Stignani ha sostenuto nella sua requisitoria scritta che Corsi inviò al carabiniere l’11 aprile 2014 i loro tre codici fiscali, chiedendogli "se hanno qualche precedente, perché hanno fatto una società con quello di un altro locale... C’è qualcosa che mi puzza".

Il militare espresse perplessità sul fatto che uno di loro fosse un albanese, cioè il pizzaiolo che aveva presentato Costi. Gli accessi "furono fatti la prima volta il 24 aprile 2014", giorno in cui, nella telefonata delle 18,46, "l’imputato rispose che era meglio non parlare al telefono, e riferì a Corsi che non aveva buone notizie. Ma la consultazione dello Sdi non ha perseguito un interesse pubblico, bensì privato, e le notizie apprese sono state rivelate a Corsi".

Gli avvocati difensori, Domenico Libertini per Lignitto – ieri presente in aula – e Claudio Bassi per Corsi, avevano chiesto entrambi l’assoluzione. "Aspetto di leggere le motivazioni, poi ricorrerò certamente in Appello. In base a quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale, il castello accusatorio non è fondato – dichiara l’avvocato Bassi –. La condotta di Lignitto è quella che dovrebbe tenere un carabiniere ogniqualvolta un cittadino si rivolge a lui: deve agire innanzitutto in modo preventivo. Da parte della mia assistita non vi fu alcuna istigazione: ha chiesto informazioni su una situazione che non appariva chiara e che riguardava anche una persona poi imputata in ‘Aemilia’. Non poteva sapere con quali modalità il carabiniere avrebbe reperito le risposte alle sue domande".