Reggio Emilia, 3 novembre 2023 - 'Ti faccio le condoglianze'. È iniziato così l'esame dell'avvocato Liborio Cataliotti nel processo davanti alla Corte d'Assise per l'omicidio di Saman Abbas, nel quale oggi continua l'audizione di Alì Haider, il fratello della 18enne uccisa a Novellara.
Il giovane è costituito parte civile e viene sentito come indagato in procedimento connesso per la fattispecie di concorso in omicidio. Gli imputati sono cinque: i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq.
Il ragazzo, 18 anni, viene sentito da dietro il paravento evitando qualsiasi contatto visivo con i parenti imputati. Il legale ha posto all'inizio alcune domande sull'allontanamento del suo assistito, dei cugini e del ragazzo da Novellara, nei giorni successivi alla scomparsa della ragazza, avvenuta il primo maggio.
“Lo zio Danish mi disse di prendere gli abiti, che misi in uno zaino, poi andai a casa sua. Lì papà chiamò mio zio, che gli disse: 'Adesso noi scappiamo, sono stati presi i telefonini e si sono accorti..'. Mio padre disse di rimanere lì e Hasnain ribattè: 'Tu sei in Pakistan e non hai problemi, ma qui in Italia prendono noi'. Io volevo rimanere qui - ha continuato Haider - ma mio zio mi disse che mi sarei fatto nuovi amici. Così il giorno dopo siamo partiti”.
Così Haider descrive le tappe dell'allontanamento: "Siamo partiti in bici da casa di mio zio, abbiamo evitato le telecamere, siamo andati a Gonzaga in bici e poi abbiamo preso il treno per Modena. Siamo partiti per Como, dove abbiamo passato la notte da un conoscente, e poi ci siamo diretti a Imperia".
Nella città ligure arrivano il 9 maggio, e qui vengono fermati per un controllo dalla polizia. "Mio zio mi suggerì di dare un nome falso, cosa che fece pure lui”. Hasnain e i due cugini proseguirono all'estero, mentre fratello di Saman rimase in comunità. Ha anche riferito che i parenti Irfan Amjad e Zaman Fakhar, non imputati, “venivano a casa e davano consigli su cosa fare con la figlia che si comporta in un certo modo: succedeva quando era in comunità e Irfan lo disse anche quando Saman tornò a casa'. Nell'incidente probatorio del 18 giugno 2021, lui accusò Irfan: 'Me lo hanno suggerito'.
"Sono cresciuto come ha voluto la mia famiglia, ma adesso mi sento italiano”. Alì Haider rispondendo alla domanda sul motivo per cui inviò ai parenti la foto della sorella che baciava il fidanzato, ha detto: “Da piccolo i miei genitori mi hanno insegnato che non si poteva fare amicizia con le ragazze. Per questo ho mandato la foto del bacio di Saman ai miei parenti. In quel momento avevo la loro stessa mentalità, per me era una cosa sbagliata. Ma ora tutto è cambiato, da quando sono in comunità. Mi sento di essere italiano. Ora penso che hanno fatto una cosa sbagliatissima”.
Nella testimonianza del fratello di Saman ritornano quindi ancora i riferimenti ai due parenti, non imputati, Irfan e Fakhar, che frequentavano la casa di Abbas a Novellara e venivano a dare “consigli brutti” su Saman, ha ribadito il fratello, come già detto nella scorsa udienza.
“Per me quei parenti sono più colpevoli di Noman e Ikram, che hanno fatto questa cosa per rispetto, hanno aiutato lo zio”, ha aggiunto in un altro passaggio il 18enne, replicando alle domande dell'avvocato Liborio Cataliotti, difensore dello zio Danish Hasnain e riferendosi con Noman e Ikram a Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz, i cugini imputati. Avevi motivi di rabbia verso Irfan e Fakhar? "Con Irfan sì, perché quando veniva a casa nostra guardava male mia sorella, la guardava con cattive intenzioni”, ha detto.
L'avvocato Cataliotti rispetto alle accuse rivolte dal nipote, dice: "Ci sentiamo fortissimi". Nell'udienza di martedì scorso il giovane ha affermato di aver visto lo zio afferrare la ragazza per il collo e portarla nelle serre dove é stata strangolata, mentre si trovava sulla soglia di casa. Una dinamica contestata dal legale, che ieri si è recato per la 28esima volta sul posto è ha cercato di simularla con un collaboratore. Per Cataliotti "non è possibile che il testimone abbia visto quanto afferma di aver visto perché la fonte luminosa più vicina si trova a 205 metri. Io non ho visto il mio collaboratore che si trovava ad una distanza di appena 28 metri".
Per l'avvocato, inoltre, il fratello di Saman nutrirebbe "motivi di specifico risentimento verso lo zio Danish che è fuggito abbandonandolo e i parenti Irfan e Fatar (uno zio e un cugino non indagati) che avevano i suoi documenti".
“Da quando è successa questa roba – ha aggiunto il fratello di Saman -, ho tenuto tutto dentro di me, ogni giorno soffro e mi voglio liberare. La notte non riesco a dormire. In camera mia ho attaccato le foto di mia sorella e, quando le guardo sbatto la testa contro il muro. So che se adesso dico tutte le cose come stanno, mi libero un pò. Questa cosa me la porterò dietro tutta la vita, ma se c'è qualcosa che mi può aiutare è sfogarsi, parlando, dire le cose come sono andate e come è successo. E per la giustizia di mia sorella”. “Ho provato anche a farmi male – ha aggiunto - , in comunità a Parma ho bevuto il profumo, non ce la facevo più, avevo troppe cose in testa”.
“C'è stato un periodo in cui mio padre si ubriacava e picchiava – ha raccontato il fratello di Saman – , ci cacciava fuori da casa. Passavamo le notti al freddo. Una sera, mi ricordo benissimo siamo stati in una serra, faceva tanto freddo. Poi siamo andati in un capannone, io mia mamma e mia sorella, siamo stati chiusi dentro una macchina, mia madre usò il velo per coprire me e mio fratello, avvenne un pò di notti”.
“Mia sorella diceva le cose in faccia a papà, io invece ho sempre avuto paura e non sono mai riuscito. Ci sono stati molti episodi in cui papà picchiava la mamma, da quando siamo in Italia succedeva quasi sempre. Una sera mia madre scoprì dove mio padre nascondeva le lattine di birra, le trovò in un sacco, le prese e mio padre le corse dietro, la spinse. Lei sbatté la testa contro la terra e tutti i vestiti erano strappati. Alzava talmente le mani che distruggeva tutto. Lei stava sempre zitta, per proteggere noi – ha continuato -. A volte Saman sarebbe stata colpita, perché si metteva a difendere la mamma. Anche lo zio Danish, “da piccolo mi picchiava col bastone, in Pakistan”.