ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Saman, la procura: “Ergastolo per i genitori: il padre ha deciso l’omicidio, lo zio l’ha uccisa”

Le richieste dell’accusa: per madre e padre anche due anni di isolamento. Trent’anni per i cugini e Danish, esecutore materiale. “Sapeva dove era il corpo come può solo chi ha scavato”

Reggio Emilia, 17 novembre 2023 – Ergastolo con 2 anni isolamento per i genitori della povera Saman Abbas (“Il padre Shabbar è colui che ha deciso l'omicidio della figlia”), uccisa a 18 anni a Novellara. Trent’anni per lo zio Danish, (“esecutore materiale del delitto”), e per i cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq. Sono le richieste del procuratore capo Calogero Gaetano Paci e del sostituto Laura Galli al termine di una toccante requisitoria della procura che ha ripercorso il calvario della giovane pakistana, innamorata di un connazionale diverso da quello che le volevano imporre i genitori. Va ricordato che la madre Nazia Shaheen è ancora latitante in Pakistan.

Per l'omicidio di Saman la procura ha chiesto l'ergastolo per i genitori e trent'anni per zio e cugini
Per l'omicidio di Saman la procura ha chiesto l'ergastolo per i genitori e trent'anni per zio e cugini

“Il padre ha deciso la sua morte”

"La decisione finale di uccidere Saman l'ha presa sicuramente Shabbar, il padre. Non può essere l'esecutore materiale dell'omicidio perché non è mai stato fuori dalla visuale delle telecamere di sorveglianza, ma ha concorso materialmente al delitto portando la figlia fuori dove l'attendevano gli assassini e moralmente avendolo deciso".

“La madre, lucidità malvagia”

Per quanto riguarda la moglie Nazia, che sfugge tuttora alla cattura, Galli evidenzia: "È senz'altro una vittima del marito che la picchiava, ma ha pienamente aderito a quei valori ed era convinta che Saman fosse morta per colpa sua, perché era una pazza e una disgrazia per la famiglia".

Per il procuratore Paci la donna "con impassibilità, freddezza, glacialità e lucida malvagità, ha consegnato la figlia allo zio che l'ha uccisa". Infine, fa notare Galli, la donna "dal Pakistan cercava di manipolare il figlio perché non raccontasse cosa era accaduto e appartiene ad una famiglia potente, con il fratello che minacciò la famiglia del fidanzato di Saman".

“Lo zio Danish, esecutore materiale”

Sullo zio Danish, il Pm afferma: "E' senz'altro l'esecutore materiale del delitto ed era il più partecipe di tutte le vicende degli Abbas. Conosceva la storia di Saman, dalle sue fughe al rifiuto del matrimonio, e si occupava del fratello minore". Inoltre "sapeva dov'era il corpo di Saman, come solo chi ha scavato poteva sapere e nell'interrogatorio di garanzia non ha detto una cosa vera".

“I cugini hanno scavato”

Infine i due cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq, "sapevano del piano per uccidere Saman e può essere che non la maltrattassero per non farla scappare. Ci sono dentro tutti". Per l'accusa ci sono infine prove che i due cugini hanno contribuito alle fasi di scavo della buca dove Saman è stata sepolta. Nella prossima udienza, fissata per martedì prossimo, parleranno gli avvocati di parte civile.

La requisitoria

“Una vicenda terribile, che abbiamo il compito di ricostruire. ll più atroce, malvagio e aberrante delitto, commesso dai genitori verso la figlia, e con la collaborazione nella fase programmatica e realizzativa dei due cugini e dello zio”. È iniziata alle 10 la requisitoria nel processo per l'omicidio di Saman Abbas, la ragazza pakistana che abitava a Novellara uccisa a 18 anni: davanti alla Corte d'Assise presieduta dal giudice Cristina Beretti, a latere Michela Caputo e i membri popolari, ha esordito il procuratore capo Calogero Gaetano Paci, le cui prime parole fanno già pensare a una futura richiesta di condanna per tutti e cinque gli imputati: il padre Shabbar Abbas, la madre Nazia Shaheen (ancora latitante), lo zio Danish Hasnain e i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz.

La famiglia Abbas è stata anche definita dal procuratore “come una 'ndrina calabrese, cioè una cosca della 'ndrangheta”. In particolare in riferimento al "sistema di valori" a cui tutti gli Abbas si attenevano e cita delle intercettazioni tra il capofamiglia Shabbar Abbas e il figlio minore, captate dopo il delitto, che "avevano come scopo quello di mantenere solida la struttura del clan”.

La firma dell’omicidio: la pala per la fossa

"Qui manca la prova regina relativa al momento in cui Saman viene uccisa e seppellita, ma vi sono una pluralità di elementi eterogenei, indipendenti dalla volontà dei protagonisti, che mettono la Corte di fronte a una piattaforma indiscutibile”, ha detto il procuratore, che ha tuonato verso gli imputati: “In base a questi elementi inattaccabili vogliamo restituire giustizia a questa ragazza a cui ancora nessuno dei protagonisti, a partire dal padre, ha voluto degnare un'espressione di pietà. Nessuno ha avuto un cedimento verso lo strazio compiuto sulla ragazza, un oltraggio alla vita compiuto con un barbaro e brutale omicidio”.

Ma se anche non c’è la prova del momento dell’uccisione, c’è la pala. “Se lo scavo indiscutibilmente è stato fatto anche con quella pala e quella pala indiscutibilmente è stata trovata a casa dei tre imputati, questa è la firma dell'omicidio”, ha detto il procuratore.

Il pm respinge la difesa del padre Shabbar

E ha voluto respingere con forza la tesi della difesa Shabbar Abbas: “Qualcuno ha detto che si è trattato di un incidente o di un imprevisto, ma Saman – ha scandito con forza il procuratore Paci – è stata uccisa”. Paci ha citato il sopralluogo del 18 novembre 2022, quando lo zio Hasnain fece ritrovare il cadavere nella fossa di strada Reatino: "Dopo le sue dichiarazioni contraddittorie, è stata l'unica occasione in cui lui ha detto la verità”. Valorizzati finora nella requisitoria alcuni elementi a favore della premeditazione: “Lo scavo avviene in due fasi, con l'aggiunta degli sgrotti per adagiare il capo e i piedi. Si è trattato di un'attività laboriosa e attenta, di certo antecedente a quando il corpo viene posto nella fossa”.

“Anche il fratello vittima”

In riferimento al fratello di Saman, il procuratore capo ha detto: “Per noi è una vittima dello stesso sistema”. “Anche lui – ha ribadito, evidenziando la "limitata capacità intellettiva data la minore età (all'epoca dell'omicidio, ndr)" – è vittima di una situazione familiare oppressiva e autoritaria, totalmente schiacciato nella sua sua libertà di determinazione”. E in seguito ha fatto “un percorso esistenziale che è passato dall'avversione, prima ad una consapevolezza e poi una condivisione delle scelte della sorella”. “Quello che sosteniamo è che il processo fornisce, prima ancora della sua deposizione, elementi non solo di riscontro alle sue dichiarazioni, ma autonomi”.

Saman figura universale

"Saman in fondo esprime una contraddizione eterna dell'individuo, tra libertà e desiderio di vita e repressione, autoritarismo, soffocamento di ogni desiderio di autonomia”, ha detto anche il procuratore Paci, ricostruendo la storia della ragazza uccisa a Novellara, rifacendosi anche alle testimonianze delle assistenti sociali. “Nel momento in cui scappò e andò in Belgio e poi finì in comunità, le assistenti sociali delineano il suo enorme anelito di vita e evidenziano quella che era e rimarrà la grande contraddizione in cui questo anelito di vita si inseriva. Il contrasto con il sistema valoriale della famiglia di appartenenza: perdita di dignità, disonore, trasgressione, repressione”.

Un altro elemento che la storia di Saman esprime, ha detto ancora, “è la sofferenza di questa ragazza". “L'unico riscontro che trovava il suo desiderio di vita in famiglia era repressione, coartazione e la prefigurazione di un percorso esistenziale e predeterminato, un matrimonio con una persona molto più grande di lei in Pakistan, senza poter dar sfogo al proprio anelito di vita”.

“L'enorme contrasto tra le proprie ragioni di vita e il sistema in cui è inserita fa di Saman una figura universale. Assimilabile a tante persone che hanno osato sfidare la cappa opprimente e il dominio della volontà in sistemi valoriali viziati. Mi viene da pensare a Rosalia Pipitone di Palermo o Francesca Bellocco di Rosarno, sono vicende in cui c'è una destabilizzazione di un sistema”. “Gli assassini vanno cercati nella famiglia, non abbiamo bisogno di andare fuori”, ha aggiunto il procuratore.

"Saman alla fine perse fiducia anche nel fidanzato”

Nella sua requisitoria, il procuratore ha evidenziato anche come, nelle ultime ore prima della morte, Saman avesse perso fiducia anche nel suo fidanzato Saqib. "Tra le cose più toccanti di questa indagine, ci sono le chat che Saman si scambia con l'assistente sociale Francoise Agnello. Le trovo strazianti per tante ragioni. Lei fa ritorno a casa per prendere i documenti nella fiduciosa aspettativa che, di fronte al suo desiderio di libertà, la lasciassero andare". Poi però emerge "la consapevolezza che mano a mano affiora di trovarsi completamente da sola perché le era venuta meno anche la fiducia nell'uomo con cui voleva costruire la sua vita". Questo perché, ha spiegato Paci, Saqib "aveva assecondato" la sua scelta di tornare a casa. Un comportamento che è possibile giustificare col fatto che i suoi genitori avevano subito delle minacce "con le armi" in Pakistan dai familiari di Saman, ha spiegato il procuratore. "Anche questo ragazzo ha dovuto scontrarsi con un sistema che non era soltanto meramente di relazione, ma diventava una fonte di pericolo per l'incolumità sua e dei suoi familiari".