Professori no vax tornano a scuola ma non in classe

Le ’nuove’ professioni degli insegnanti rientrati a scuola ma che non possono andare in classe

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di Giuliana Sciaboni

Rientrati a scuola ma non in classe, 36 ore a settima, pagati con i fondi previsti per la valorizzazione dei docenti, demansionati de facto. È la nuova categoria di ‘docenti che non stanno in classe’, creatasi con il pasticcio della fine dello stato d’emergenza. "Sono rientrato venerdì scorso con tampone fatto il giorno prima - racconta Davide Vacca, 52 anni, docente reggiano all’Istituto Belluzzi Fioravanti di Bologna -. Giovedì mi è arrivata la mail dalla scuola per comunicarmi che dovevo prendere servizio il 1° aprile, con mansioni diverse, e che sarei stato destinato al lavoro di segreteria per 36 ore. Ho firmato solo la presa di servizio, credo dovranno formalizzare il cambio di contratto". "Sono rientrato per conservare il posto di lavoro - precisa -, non essere considerato assente ingiustificato e incorrere nel licenziamento. L’accoglienza è stata piuttosto fredda. Ho passato questi primi giorni a svolgere lavori di segreteria. Io sono disponibile, ma devono essere loro a dirmi cosa fare. Sono il primo a riconoscere di essere inadeguato a questo tipo di lavoro". Per il professor Vacca la disposizione del decreto del 24 marzo è "una vendetta del Governo per bullizzare chi ha osato fare questa scelta. Sto valutando come muovermi dal punto di vista legale, non nei confronti della dirigenza della mia scuola ma verso lo Stato". Anche Rossana Ceccarelli, insegnante di scuola primaria all’Istituto Comprensivo Pertini 2, è rientrata, ma non in aula. "Con altre due colleghe ho ripreso servizio venerdì - spiega -. Siamo rimaste in un’aula libera, nessuno ci ha dato indicazioni su cosa fare. Al sabato mi hanno chiesto di fare 6 ore: era sottinteso che avevano diviso le 36 ore nei 6 giorni. Oggi invece ci hanno chiesto di andare nell’aula Covid, che è stata adibita a magazzino - prosegue -, abbiamo sistemato e smistato scatoloni e borse con vestiti che i genitori degli alunni hanno donato per i bambini arrivati dall’Ucraina. Poi in biblioteca abbiamo plastificato delle carte e ricoperto libri". Altri docenti, invece, hanno deciso di non esibire il Green pass. Come Pasqualino Bertani, 46 anni, insegnante di scuola primaria presso l’I.C. Correggio 2. "Non poter accedere alle proprie classi - afferma il docente -, è folle, discriminatorio e contraddittorio rispetto il principio di inclusione di cui si parla e ci si vanta tanto. È una vergogna. Per questo mese serve di nuovo il Green pass a proprie spese. Forse avrebbe senso se fosse fatto lo screening a tutti, e fosse gratuito. Da maggio poi, a scuola, in realtà non si sa. Non ho intenzione di mostrare il certificato verde, ho inviato in anticipo una mail di risposta, con i riferimenti di legge. Stamattina non mi sono presentato. Mi sono arrivate una mail e pec identiche: la giornata di oggi mi viene conteggiata come assenza ingiustificata e non retribuita, nessun accenno a procedure disciplinari.