
È l’attrice Barbara Ronchi a venire insignita del "Simplex Sigillum Veritatis" - assegnato per la prima volta dal dottorato nazionale su studi religiosi - per la straordinaria interpretazione della madre del piccolo Edgardo Mortara nel film "Rapito", con la regia di Marco Bellocchio, che viene consegnato questa mattina alle 12, al Centro Internazionale Loris Malaguzzi. Un anno particolarmente felice per l’attrice romana, che ha ricevuto importanti premi: David di Donatello (per "Settembre"), Nastro d’Argento e Ciak d’Oro per "Rapito". "Sono molto onorata ed emozionata di ricevere questo riconoscimento – ha detto Barbara Ronchi –. Mi ha colpito molto il suo significato: la semplicità è il sigillo della verità, che ho sentito come il complimento più bello che mi sia mai stato fatto. Soprattutto perché rivolto a un’attrice".
È la prima volta che viene a Reggio Emilia?
"Sì. Ho gravitato in zona, in particolare tra Modena e Bologna, durante le riprese del film "Rapito", girato in gran parte a Roccabianca di Parma, località che ben si prestava a rappresentare i luoghi dove si è svolta la storia".
Non è la prima volta che invece lavora diretta da Marco Bellocchio. Vero?
"Esatto. Avevo già lavorato con Bellocchio nel 2016 in "Fai bei sogni" , tratto dal romanzo autobiografico di Massimo Gramellini. Nel film ho interpretato la mamma di Massimo, morta in tragiche circostanze e che il bambino continua a sognare vicino a lui. Una mamma allegra, giocosa, sorridente. Molto diversa da Marianna Padovani, la mamma di Edgardo Mortara. Una mamma disperata e coraggiosa. Mi sono immersa nel personaggio con grande empatia, ma non ho voluto attingere alla mia esperienza di vita e di madre, né identificarmi, perché sarebbe stato troppo doloroso. Sono rimasta sempre concentrata su questo ruolo, in un set veramente eccezionale".
"Rapito" è in sala anche oltre i confini europei.
"Nei giorni scorsi ero a Toronto, al Festival, per presentare il film che da ora entra anche nel circuito dell’America del Nord. Il pubblico straniero spesso ci chiede come sia stata possibile questa storia: che un bambino ebreo sia stato sottratto alla famiglia dalla Chiesa Cattolica perché battezzato di nascosto dalla domestica. Un caso non isolato. Fece scalpore perché i genitori attirarono l’attenzione dell’opinione pubblica in un momento in cui il potere temporale della Chiesa stava barcollando, per cadere da lì a poco".
Lei che cosa risponde?
"Rispondo che sono le stesse cose che ci domandano gli italiani, perché si tratta davvero di una pagina poco conosciuta della nostra storia, che il film ha fatto affiorare".
Stella Bonfrisco