Reggio Emilia, Rea Costruzioni interdetta. "Rapporti in odore di mafia"

Interdittiva del 2016 confermata dal nuovo prefetto. La ditta di Vincenzo Vasapollo rimane fuori dalla white list e fa ricorso

Il prefetto Maria Grazia Forte (foto Artioli)

Il prefetto Maria Grazia Forte (foto Artioli)

Reggio Emilia, 3 ottobre 2018 - Doppia interdittiva antimafia: l’impresa edile ‘Rea Costruzioni srl’ di Cadelbosco Sopra si oppone alla decisione della prefettura e presenta ricorso al Tribunale amministrativo di Parma. L’amministratore unico, il calabrese Vincenzo Vasapollo, vuole essere ammesso nuovamente tra i costruttori che possono partecipare agli appalti pubblici, ma il ministero degli Interni segnala relazioni parentali e imprenditoriali pericolose con soggetti in odore di ‘ndrangheta, in particolare alcuni amministratori del Consorzio edile ‘Tre V’.

Ora la prima sezione del Tar è chiamata a decidere della correttezza del diniego d’iscrizione alla White List post-terremoto della Rea, siglato il 25 maggio 2016 dall’allora prefetto di Reggio Raffaele Ruberto e confermato dall’attuale, Maria Grazia Forte, in febbraio.

Un ricorso contro il ministero che punta a riammettere la ditta all’«elenco dei fornitori, dei prestatori di servizi e degli esecutori di lavori non soggetti a rischio di inquinamento mafioso».

Un terreno difficile, quello su cui viene chiamato il collegio presieduto dal giudice Sergio Conti: più che strettamente amministrativo, riguarda ambiti al confine col penale, richiedendo valutazioni molto soggettive da parte dei giudici sulla qualità delle relazioni tra due ditte e tra alcune persone.

Era il maggio 2016 quando la prefettura negò all’impresa reggiana l’iscrizione alla lista di quelle abilitate ad assumere i lavori di ricostruzione post-sisma (il riferimento è la Legge 122/12, concernente ‘interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 e 29 maggio 2012’). Un rifiuto poi seccamente confermato (con decreto) quest’anno.

L’interdittiva è basata innanzitutto su documenti prodotti dal Gruppo Interforze allargato al Servizio analisi Criminale/ Girer, riunitosi appositamente il 22 febbraio e il 6 maggio 2016, e sulla relazione su una visita ispettiva del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza di Reggio. In particolare, in base all’ispezione delle Fiamme Gialle veniva contestato alla Rea di aver intrattenuto negli anni 2014 e 2015 «rapporti in via esclusiva con il Consorzio TreV documentati da 4 fatture e 6 assegni, sia pur di modesto importo».

La Rea – assistita dagli avvocati Elisa Codeluppi e Paolo Michiara di Parma – rigetta tuttavia la decisione della Prefettura, sostenendo che i rapporti con il TreV «rappresenterebbero una minima parte del proprio volume d’affari complessivo». E a dimostrazione di ciò, ha depositato i registri Iva del biennio e il bilancio 2015.

Versioni opposte rispetto alle tesi di «esclusività dei rapporti» tra la ditta ricorrente e il Consorzio e alle relazioni «con imprese già destinatarie di provvedimenti antimafia» descritte nel provvedimento. Dato che a parere dei giudici tra i documenti della Finanza e quanto esposto dalla Rea esiste «un insanabile contrasto», nel corso della precedente udienza sono stati analizzati due ulteriori verbali del Gruppo interforze (risalenti al 24 gennaio e al 9 febbraio scorsi) e il nuovo provvedimento interdittivo della prefettura. La sentenza potrebbe arrivare alla prossima udienza, fissata per il prossimo febbraio.