
Processo affidi, l’arriga dei difensori dell’assistente sociale Scalabrini: "Va assolta, il fatto non sussiste"
"Le accuse di falso nelle relazioni non sono provate. Anzi, per tutti i capi di imputazione è stata trovata conferma della veridicità o della verosimiglianza di quanto veniva riferito". È la tesi portante dell’arringa tenuta nel processo sui presunti affidi illeciti di bambini a Bibbiano per Annalisa Scalabrini, difesa dagli avvocati Cinzia Bernini (nella foto, in piedi) ed Elisabetta Strumia (a fianco). Per l’assistente sociale, il pubblico ministero Valentina Salvi ha chiesto 6 anni e 4 mesi di condanna; la discussione dei suoi legali si è conclusa venerdì e poi a metà pomeriggio è iniziata l’arringa per l’ultima dei 14 imputati, l’ex responsabile dei servizi sociali Federica Anghinolfi, che si prolungherà per diverse udienze.
Gli avvocati Bernini e Strumia hanno analizzato una per una le singole accuse, chiedendo l’assoluzione da tutte "perché il fatto non sussiste". Hanno sostenuto che nelle relazioni sottoscritte da Scalabrini l’accusa di falso non è stata dimostrata: innanzitutto "andava verificato a monte se i fatti riportati fossero effettivamente corrispondenti al vero o no". Poi per confermarle "talvolta non sono state sentite le persone che avevano parlato delle circostanze ritenute dal pm non vere"; oppure "in altri casi i parenti dei bambini non sono stati in grado di chiarire cosa fosse stato detto allora". Ed è stato rimarcato che se un contenuto è stato espresso da un minorenne a terze persone, come secondo la difesa è emerso, è verosimile che l’abbia detto anche a Scalabrini.
Sulla bambina che rappresenta il caso-pilota dell’inchiesta si è soffermato l’avvocato Bernini. Ad esempio si contesta la non autenticità della frase che la zia avrebbe rivolto alla minore alla fine di un incontro protetto, in cui si diceva che avrebbero fatto di tutto per portarla a casa. "Ma la zia chiamata a testimoniare - ha detto il legale - non è stata in grado di spiegare con precisione cosa sarebbe stato detto", Nella vicenda di un bambino originario dell’Est Europa, secondo l’avvocato Strumia si è rivelata inattendibile non solo la testimonianza del padre, come sostenuto anche dal pm, ma pure quella della madre. I genitori e il minore, costituiti parte civile, hanno chiesto un cospicuo risarcimento: 300mila euro. "Le relazioni di Scalabrini riportavano contenuti che erano stati riferiti da terzi e un’indagine sociale incentrata sui comportamenti della famiglia. Il pm ha contestato la falsità di molte circostanze, ma queste hanno trovato conferma".
Alessandra Codeluppi