Il cliché con cui siamo abituati a immaginare un restauratore ci porta a collocarlo chino sull’opera, visore calato sugli occhi, spatole e piccoli attrezzi, al cospetto di un quadro per lo più. Roberta Notari rompe il cliché, a cominciare dall’illuminazione a giorno in cui il suo studio è immerso, fino alla sostanza del suo lavoro. La restauratrice si occupa infatti di scultura.
"Fino a 25 anni fa non era nemmeno oggetto di ricerca consueto. Il restauro era associato prevalentemente ai dipinti", avvisa. Notari apre il suo laboratorio di restauro nel 1993 a Reggio, specializzandosi nella conservazione e restauro di sculture lignee, in cartapesta, terracotta, cornici antiche, dorature e materiali polimaterici. Una tipologia di opere molto cara alla maestra artigiana è quella dei crocifissi, e come spiega nell’intervista la bottega è aperta anche a sperimentazioni in nuovi ambiti.
Roberta, quali sono i suoi committenti?
"Musei, soprintendenze, enti locali, parrocchie, antiquari, collezionisti e architetti".
Come si è formata?
"Sono diplomata al Bus operatrice in beni culturali, quindi avevo già un’impronta artistica, tuttavia non avrei mai pensato di fare la restauratrice. E’ successo mentre ero al Dams. Ci eravamo ‘aspettate’ a vicenda con le mie compagne di classe al Bus e nel 1993 aprimmo un laboratorio di restauro ligneo. Poi negli anni mi sono specializzata in sculture lignee e in cartapesta. Ho avuto da subito commissioni dirette con la Soprintendenza e quello è stato l’abbrivio per la mia carriera. Ma è un lavoro che non si finisce mai di imparare. Cambiano manufatti e metodologie, ciò che non deve cambiare mai sono la cura e la precisione nell’eseguire i lavori".
Perché ha scelto le sculture?
"Fino a 25 anni fa l’attenzione era tutta per i dipinti. Le sculture religiose, manufatti oggetto di preghiera e venerazione, spesso venivano danneggiate, e dunque ridipinte. Non c’era il senso del restauro, e questo portava a una sorta di rifacimento del manufatto".
I crocifissi?
"E’ un’immagine tridimensionale verso la quale occorre molto rispetto, come insegno ai miei alunni dell’Università del restauro Santa Paola di Mantova. Occorre preparare la popolazione devota al cambiamento che avverrà con il restauro. Il pubblico dev’essere consapevolmente avvertito. Ricordo una Madonna di Lourdes, che conservava ancora i bigliettini dei fedeli alla base. Nell’operazione di restauro li ho ripristinati tutti lì dove li avevo trovati. Per me il crocefisso è l’immagine più sacra e bella che esista, pensiamo alla sua maestosità, spesso lo vediamo nelle absidi. La scultura è la mediazione fra la terra e il cielo".
I più belli su cui ha lavorato?
"Bellissimi crocifissi del Trecento e del Quattrocento, in regione. L’ultima scoperta eclatante è stato un crocifisso quattrocentesco nella chiesa di San Giovannino a Reggio. Un restauro meraviglioso, anche per le condizioni in cui lo avevamo trovato. Il crocifisso era stato inglobato dentro una sorta di laterizio. Togliere le ridipinture e rivelare l’incarnato originale sono le cose più belle legate al lavoro sui crocefissi. Occhi, volto, sembianze delle origini, è un percorso davvero emozionante. Tutto questo sotto lo sguardo costante e attento della Soprintendenza".
Quali le opere a cui lei è più affezionata?
"Un Cristo deposto del Cinquecento, nella concattedrale di Guastalla. Tra i più belli in Italia, di cui abbiamo scoperto la datazione storica durante il restauro".
Dall’anno scorso insegna Tecniche artistiche antiche alla Santa Paola di Mantova. C’è amore per questo mestiere?
"Oggi escono giovani molto preparati, a differenza di una volta. Per mettere mano a manufatti tutelati occorre una laurea, non ci si può improvvisare. Amo stare in mezzo ai ragazzi, si crea sempre un meccanismo di dare e avere reciproci. Se non insegniamo questa professione, la perdiamo".
E negli ultimi anni ?
"Mi sono appassionata alle cover dei vinili. I collezionisti ne sono molto gelosi e tirano un sospiro di sollievo quando sanno che a occuparsene c’è una persona con le competenze adeguate".