"Riscoprire la danza aiuta il nostro corpo"

Lucia Bonacini, 49 anni, specializzata nel filone psicodinamico della DMT: "Siamo nel secolo dell’ansia, bisogna imparare ad ascoltarsi"

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di Lara Maria Ferrari

Per chi non la conoscesse, la Danza Movimento Terapia consiste nell’uso terapeutico del movimento per promuovere l’integrazione emotiva, cognitiva, fisica, spirituale e sociale della persona, elevandone la qualità di vita. Nata negli USA intorno al 1940, è stata adattata al contesto occidentale, dove viene connessa alla psicoanalisi. Potremmo dire che così nasce il filone psicodinamico della DMT. Per saperne di più abbiamo incontrato Lucia Bonacini, 49 anni, Danzamovimentoterapeuta a indirizzo espressivo e psicodinamico, iscritta dal 2015 all’APID® (Associazione Professionale Italiana Danzamovimentoterapia).

Lucia, ci aiuta a entrare in contatto con questa pratica ?

"La DMT affida al corpo, e al corpo in movimento, l’emergere di contenuti profondi e la loro evoluzione all’interno di una relazione significativa e di uno spazio sicuro. Può svolgersi in setting individuale o di gruppo. Acquisire consapevolezza del proprio movimento abituale, sperimentare diverse qualità di movimento, agire su blocchi, tensioni e rigidità, allenare la percezione e la capacità di sentirsi e sentire l’altro, recuperare un senso di sicurezza e radicamento, accedere ad istanze emotive molto difese e vissuti inconsci attraverso la danza e la mediazione corporea e dunque riuscire a integrare l’esperienza e a renderla disponibile nella quotidianità, sono alcune delle possibilità della DanzaMovimentoTerapia. L’intervento a mediazione corporea e il recupero di una dimensione creativa si rivolgono a tutte e tutti, indipendentemente da età ed abilità, nell’ambito del benessere e della promozione della salute, in ambito educativo e formativo e in contesti clinici".

Quali sono le "ragioni del corpo" che dobbiamo imparare a riconoscere e valorizzare?

"Il corpo ha un suo modo e delle sue ragioni per manifestare il disagio, a volte la mancanza di senso, l’incongruenza del nostro modo di vivere e anche per manifestare il desiderio: a noi spetta dare importanza a queste richieste e per farlo è necessario essere in grado di sentirle, percepirle ed elaborarle. Un esempio pratico: ansia, attacchi di panico, che sono disturbi piuttosto diffusi e che sicuramente ci rendono la vita difficile, vanno ascoltati; è necessario capire a che funzione assolvono, sentire che nella nostra vita ci manca il respiro e il corpo sta mandando un messaggio; poi cercare di lavorare per recuperare a livello corporeo un senso di sicurezza, di possibilità, di presenza. Il modo in cui viviamo non ci concede battute d’arresto: bisogna fare, lavorare, produrre e recuperare in tempi brevissimi e questo ci riguarda tutte e tutti. È un mondo, quello occidentale moderno, che esige di essere sempre performanti e adeguati a un concetto di normalità dettato più da logiche di mercato che altro: il consumismo, la forte spinta all’individualismo, un sistema di conoscenza che cerca di controllare e sfruttare la materia più che di connettersi con questa, l’abuso della tecnologia, hanno prodotto delle vere e proprie modificazioni nel modo di percepirsi e percepire l’altro da sé e difficoltà a gestire la propria affettività, che ancor prima di entrare nella patologia è caratteristica di un modo di vivere. Non è un caso l’aumento delle dipendenze da sostanze, da farmaci, affettive e da gioco, e di patologie profondamente connesse a un generale fenomeno dissociativo. Anche la crisi ambientale di cui tanto si parla parte da lì, da una incapacità di sentirci connessi a livello profondo a ciò che ci circonda. Ascoltare le ragioni del corpo non è semplice e a volte richiede proprio una rieducazione alla percezione, oltre a una rieducazione sociale e culturale collettiva.

Consiglio la lettura di ‘Ode al corpo danzante’ di Silvia Federici, che offe una visione interessante delle ragioni del corpo e del valore della danza in questo".

Qual è la spinta motivazionale che lei dà alle persone che vengono ai suoi corsi?

"A chi mi chiede informazioni sui laboratori e i percorsi di DMT dico di venire a provare: è fondamentale il valore del fare esperienza, senza volerla mentalizzare prima. Dopo questi due anni e mezzo di distanze imposte e di comunicazione a tratti violenta fatta sui social, lasciare comunicare il corpo e i corpi fra loro è occasione di grande respiro e opportunità di far emergere ciò che abbiamo vissuto. Fare un percorso di DMT è un’occasione per prendersi cura di sé e acquisire consapevolezza del proprio modo di stare al mondo e per aprirsi al cambiamento". ‘Balla che ti passa’ è un concetto straordinariamente vero, lei dice. Tuttavia questo da solo non basta, e viene talvolta distorto. In che modo?

"Ballare fa bene: ossitocina, endorfine e serotonina rilasciate in queste attività funzionano come antidepressivi naturali e quindi l’invito è a danzare tutti e di più. A volte però non posso avvicinarmi alla danza perché ho delle difficoltà o delle caratteristiche che non mi permettono di entrare negli ambienti ad essa dedicati; abbiamo perso una dimensione sociale della danza per cui chiunque senta di potervi accedere. Oppure sono in una situazione di disagio troppo grande per cui accedere al corpo richiede un’attenzione particolare. La distorsione è invece quella data dall’ associare la danza al successo immediato, a una spettacolarizzazione che la porta lontanissima dal significato profondo dell’arte: basti pensare al pullulare delle competizioni televisive e all’uso dell’immagine corporea sui social. O all’eccessivo accento posto sul corpo sempre giovane e performante".