DANIELE PETRONE
Cronaca

"Ritirato per colpa di un’auto pirata E ora faccio l’operaio in ceramica"

L’ex corridore albanese cresciuto a Scandiano: "Mi sono sentito abbandonato dal mondo della bicicletta. Ho dovuto trovare un lavoro per campare, è stato uno choc. Ma un giorno tornerò a lavorare nello sport".

di Daniele Petrone

Eugert Zhupa, cresciuto a Scandiano sia a scuola sia sui pedali con la Ciclistica 2000 a soli 10 anni, professionista dal 2015 al 2018, anni nei quali ha partecipato a ququattro giri d’Italia, al Giro delle Fiandre e tre campionati del mondo con la maglia dell’Albania, suo Paese d’origine. Ha ancora 33 anni, avrebbe potuto ancora correre. Ma si è ritirato quattro anni fa. Che è successo?

"Tutta colpa di un’auto pirata che nel marzo 2019 mi ha investito, mentre mi allenavo a Veggia di Casalgrande. Per fortuna con me c’erano alcuni amici che hanno preso la targa e i carabinieri lo hanno identificato; il processo è ancora in corso, proprio due giorni fa sono andato da un perito per una visita medico-legale...".

Non si è più ripreso?

"La caduta mi ha provocato continue infiammazioni. Non mi sono più ripreso. Riuscivo a fare al massimo venti chilometri, poi mi fermavo. Peccato, ero al top della forma e avevo nel mirino il quinto Giro d’Italia".

Ora dove è finito?

"Mi sono trasferito da Scandiano a San Giovanni di Querciola, in un posto pieno di verde e meraviglioso, con la mia compagna Ilenia e il nostro piccolo Leonardo".

E cosa fa?

"Dopo aver abbandonato la bicicletta, ho trovato un posto da operaio ceramico all’Ariostea, a Castellarano. Ora, da qualche anno sono alla Panaria, a Fiorano Modenese. Sono addetto all’uscita forni".

I ciclisti guadagnano poco?

"In Italia sono pochi coloro che hanno guadagnato tanto. Quando correvo avevo uno stipendio di 36-38mila euro netti all’anno e sono arrivato a prenderne cinquanta".

E ora?

"Duemila euro, a volte 2.200 al mese. Sono entrambe vite di sacrifici, oggi faccio i turni anche di notte. Ma quando ero un corridore, non avevo spese perché ero sempre in viaggio con la squadra. Ma non voglio lamentarmi: so che il mio è un buono stipendio. Certo, le piastrelle non erano ciò che sognavo...".

Un impatto choc?

"Devastante. All’inizio mi vergognavo, poi negli uffici dell’Ariostea c’erano appesi dei quadri di Davide Cassani quando correva con la maglia sponsorizzata dalla ceramica. La ferita si apriva ogni mattina. Psicologicamente sono stato malissimo. Ma non l’ho ancora digerita".

Si aspettava di restare nel mondo del ciclismo?

"Sì, sono sincero. Lo avrei meritato. Mi sono sentito abbandonato. Quando ero un professionista tutti mi cercavano, ero ‘qualcuno’. Tanti dell’ambiente che credevo essere miei amici, sono spariti".

Anche ex compagni?

"No, loro no. Sono in ottimi rapporti con tutti, mi sento ancora con tantissimi, da Jakub Mareczko a Pippo Pozzato".

Vorrebbe tornare nell’ambiente?

"Da una parte mi piacerebbe, dall’altra penso che il mondo del ciclismo sia complicato... Però ora sto cercando di rimettermi un po’ in gioco. Il sindaco di Scandiano, Matteo Nasciuti mi sta dando una mano: sono orgoglioso di essere tra i testimonial della tappa del Giro d’Italia di quest’anno, che partirà proprio dalla mia Scandiano. Ed ero vicino a tornare in sella...".

Cioè?

"Al cosiddetto Giro ’E’, con le bici dalla pedalata assistita per gli ultimi 30-40 km di ogni tappa. Ma un’azienda che sponsorizza le e-bike, mi ha detto che non ero ‘abbastanza italiano’. Mi sono sentito discriminato. Sono tornato a quando mi bullizzavano da piccolo a scuola. Avrei potuto correre per l’Italia, perché ho la cittadinanza da quando ho dieci anni. Mi sento italiano quanto albanese, la mia compagna è italiana. Ma sa perché ho deciso di scegliere la nazionale dell’Albania?".

Ci racconti.

"Perché a tutti quelli che mi prendevano in giro, dicevo sempre: sarò il primo albanese di cui parleranno bene i giornali. Un giorno diventerà un ciclista professionista e un campione. Il mio sogno l’ho realizzato davvero, peccato sia durato così poco. La bici era la mia vita".

Il suo rimpianto più grande?

"Avrei potuto fare meglio sicuramente. Al Giro 2018, alla tappa di Roccaraso mi hanno ripreso a pochi chilometri dal traguardo mentre ero in fuga. Mentre altre volte avrei potuto vincere, ma ho dovuto rispettare gli ordini dell’ammiraglia; una volta in Israele i dirigenti della Wilier Triestina, mio tema d’allora, mi dissero: ‘Se non ti fermi e aspetti il capitano, stasera fai le valigie e vai a casa‘. Ma quello che mi dà fastidio tutt’oggi è vedere certi meno forti di me che vincono le tappe...".

Riesce a guardare le gare in tv o ha il ’rigetto’?

"Le guardo eccome, l’amore per questo sport è più forte di tutto".

Chi vince questo Giro?

"Sarà una bella lotta tra Roglic ed Evenepoel".