
Il dottor Fabio Aguzzoli nei primi anni ’90 è stato tra i fautori della nascita del 118 a Reggio e della rivoluzione del sistema locale dell’emergenza-urgenza. Oggi, nei panni di consigliere comunale d’opposizione con Coalizione Civica, in sala del Tricolore, davanti alla prospettiva di una nuova riforma afferma: "L’attuale sistema non regge: le cause sono molteplici e trovo razionale la soluzione. La riforma è legata al non avere risorse umane, più che economiche: domina una carenza spaventosa di personale medico e di infermieri. Vedo difficoltà all’orizzonte ma il principio è buono".
Quale è l’aspetto positivo della riforma proposta dalla Regione?
"Ciò che viene fatto in altri Stati europei: portare i casi meno gravi fuori dall’ospedale e dai pronto soccorso. Secondo i dati diffusi dall’assessore regionale Donini, nel 2022 abbiamo avuto 1 milione 747.269 accessi nei Ps, l’80% nelle grandi strutture. Ben il 76% dei pazienti si è presentato in modo autonomo: solo 1 su 20 si è tramutato in un ricovero, e i 23 erano pazienti a bassa complessità: codici bianchi e verdi. I Ps scoppiano: questi casi ’profani’ vanno ad ingolfare anche fisicamente i percorsi che invece devono essere lasciati liberi per chi ha un ictus o un infarto. Non deve invece essere toccato il ’sacro’: i pazienti con patologie ad alto rischio, tempo-dipendenti, che devono essere trattati entro la golden hour dopo l’evento".
I nostri standard di emergenza-urgenza (e-u; ndr) sono buoni?
"Certo, inoltre la legge prevede un’auto-medica ogni 60mila abitanti, noi ne abbiamo una ogni 44mila. Io, giovanissimo medico di chirurgia arrivato al Pronto soccorso del Santa Maria, dopo un mese di turni diurni, sono stato messo sotto; eravamo 6 medici senza auto-mediche o auto-infermieristiche… Fuori dall’ospedale c’erano solo i volontari delle ambulanze che non avevano nessuna formazione specifica. Adesso il medico sarà il primo responsabile di questa nuova rivoluzione copernicana. E i volontari, anche i non specialisti, sanno fare tutti manovre complesse come la rianimazione cardio-respiratoria. Bisogna lavorare insieme; ci saranno difficoltà, cose da ritarare, ma la strada è giusta".
Questa fuga dall’e-u è tipica di Reggio?
"È un fenomeno nazionale: in Italia abbiamo 11.107 medici in questo ambito ma nei prossimi tre anni caleranno di 4mila. Nelle scuole di specializzazione entreranno 1.550 medici, ma 5652 andranno in pensione. Ci vogliono 10 anni per formare uno specialista, e gli specializzandi vengono pagati pochissimo".
Quali problemi vede?
Bisognerà avere un grandissimo impegno sulla formazione per i medici che risponderanno al centralino 0522290001 e faranno triage telefonico. E per i medici che dovranno operare nei Cau, questi nuovi centri presso le Case della salute o altre sedi non ancora indicate. I medici che accoglieranno i pazienti sono medici di medicina generale e di guardia medica: non hanno l’abitudine a trattare la patologie acuta".
Funzionerà?
"Non so. L’altro scoglio è quello delle dotazioni strumentali: per escludere che un banale mal di pancia sia un’appendicite acuta devo fare esami del sangue. Nei Cau ci vorranno ecografi, elettrocardiografi… e persone che sanno li usare. Con la telemedicina, con personale avanzato e addestrato si potrà riuscire".
Cosa pensa del triage telefonico?
"Sarà gestito da medici che già adesso fanno guardia medica e al 60-65% danno consigli telefonici. La formazione andrà fatta sia sulla guardia medica che sui medici di medicina generale, non abituati ai casi acuti, e che come sono liberi professionisti"