CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Saman, famiglia condannata. Le difese non ci stanno: “Andiamo in Cassazione. Pronuncia ingiusta”

Scarcella, legale di Noman Ulhak: “Inconcepibile, ragione dalla nostra”. Per la prima volta le dichiarazioni spontanee dei due cugini in aula. “Non c’entriamo niente con questa famiglia. E non abbiamo fatto nulla”

Saman, famiglia condannata. Le difese non ci stanno: “Andiamo in Cassazione. Pronuncia ingiusta”

Reggio Emilia, 19 aprile 2025 – “Una sentenza ingiusta, assolutamente inconcepibile. Faremo ricorso in Cassazione, fiduciosi di avere ragione”. È il commento a caldo di Luigi Scarcella, avvocato di Noman Ulhak, uno dei cugini di Saman. La lettura della sentenza di secondo grado a Bologna è terminata da due minuti, l’aula è ancora piena di gente. E i cugini sono stati appena condannati all’ergastolo – e ritenuti colpevoli anche di soppressione di cadavere – per l’omicidio della ragazza, uccisa a 18 anni nelle campagne di Novellara nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021. Un’udienza infinita, quella di ieri, con le arringhe degli avvocati difensori: oltre a Scarcella, è stato il turno di Sheila Foti, che assiste il padre di Saman, Shabbar Abbas. Poi, i cugini, per la prima volta, hanno deciso di parlare in aula, rendendo dichiarazioni spontanee, subito seguiti dallo zio Danish.

In mattinata, l’avvocato Foti ha letto le conversazioni tra il fratellino di Saman, Ali Heider (minorenne all’epoca dei fatti), e una sua amica coetanea nei giorni successivi all’omicidio: “Non sono stati i miei genitori. Ha fatto tutto lo zio – dice il fratello di Saman –. Mio zio ha ucciso una persona. A Novellara. Giuro su mia mamma”. E sui genitori: “Mi mancano, ma non posso parlare con loro”. E sullo zio: “È scappato, non si sa dov’è” e poi un insulto. Foti ha insistito anche sull’atteggiamento del padre di Saman la sera dell’omicidio: in quei momenti, come si vede dalle immagini, non ha il comportamento “di un padre sconvolto o disperato, ma di un padre preoccupato, perché la figlia se ne andava via a mezzanotte”, chissà dove. Allora, “loro (i genitori) escono per convincerla a tornare indietro. Ma lei, purtroppo, non lo fa”.

Scarcella invece ha ribadito con forza che il suo assistito “è innocente” ed è passato poi a ricordare che, durante la testimonianza resa in questo processo di secondo grado in una precedente udienza, “il fratello di Saman ha detto che aveva visto i cugini tra le serre, ma solo il viso”. Eppure, “quando gli è stato chiesto se poteva indicarli in aula, il testimone ha risposto: “Non me la sento””.

“L’unico errore di entrambi (lui e l’altro cugino, ndr) è stato di non essere rimasti qua e di darci alla fuga – dichiara uno dei cugini Noman Hulaq, il primo ieri a rendere dichiarazioni spontanee –. Io non appartengo a questa famiglia – tiene a precisare –, io lavoro per mantenere la mia, di famiglia, che sta in Pakistan”. E dà la sua versione dei fatti, riguardo i giorni precedenti l’omicidio e anche quelli successivi, sottolineando che quando Saman è stata uccisa, lui e il cugino Ikram stavano dormendo.

“Mi dispiace tantissimo per quello che è successo a Saman – ha detto Ikram Ijaz, uno dei due cugini, rivolto alla Corte d’assise d’appello, presieduta dal giudice Domenico Stigliano –. Io in tutto questo sono innocente, avevo un ottimo rapporto con Ali (il fratello di Saman), lo amavo proprio. Mentre Shabbar e Danish hanno mentito per liberarsi da questa responsabilità, accusando noi, io sono stato in carcere a lungo anche se sono innocente e sono qui per la mia famiglia. In carcere ho anche subito, sono stato picchiato”.

“Riguardo Saman – ha aggiunto Ijaz –, ho dichiarato tutto quello che sapevo. Io non ho avuto nessun ruolo in questa vicenda, come anche Noman. Non vogliamo andare in carcere, chiediamo giustizia. Da quando sono tornato libero ho sempre lavorato e ho sempre collaborato con i carabinieri, convinto che alla fine la giustizia avrebbe prevalso”.

“Non so come dei genitori possano permettere ad altri di toccare la propria figlia – sono state queste le parole dello zio Danish nella dichiarazione spontanea –. Comunque, faccio notare che, se fossi stato coinvolto nell’uccisione, non avrei mai aiutato a fare individuare la salma, e questa è la cosa più importante – ha tenuto a sottolineare lo zio –. Ho detto sempre la verità. La mia innocenza è provata dall’autopsia e dalla relazione dei periti. Ho indicato il punto dove era sepolta perché avevo questo peso addosso e me lo volevo togliere e poi anche per aiutare gli inquirenti”. Confermato l’ergastolo per i genitori della ragazza, pena aumentata per lo zio. “I genitori non ammazzano le figlie. Saman era la mia luce”, dice il padre, tramite il suo avvocato. I giudici, però, non gli hanno creduto, e all’ergastolo hanno aggiunto anche la premeditazione e i motivi abietti.