Saman, il padre al fidanzato: "Ti sterminiamo la famiglia"

Il ragazzo aveva denunciato tutto a febbraio. Intanto il cugino rimasto qui racconta del messaggio recapitato per i genitori: "Non puoi vivere da sola"

Migration

di Daniele Petrone

"Sei minorenne, non puoi vivere da sola! I tuoi genitori sono preoccupati. Vogliono che torni a casa a vivere con loro".

Sono le parole di una telefonata fatta a Saman mentre si trovava nella comunità del bolognese dov’era stata collocata dopo la denuncia a madre e padre che volevano costringerla a sposarsi con un cugino in Pakistan. Una chiamata fatta da un cugino – il giovane connazionale 38enne intervistato due giorni fa dal Carlino, l’unico della famiglia rimasto a Novellara dove lavora tuttora nell’azienda agricola Bartoli – il quale era stato incaricato di contattarla dai genitori, in particolare dalla madre Nazia Shaheen, 47 anni.

Una telefonata che risale, lo si evince dalla frase "sei minorenne", quando Saman non aveva ancora raggiunto la maggior età. Dunque tra novembre e dicembre 2020. Un primo tentativo per esortarla a rientrare, "sfruttando" il buon rapporto che aveva col cugino. Ma lei ha continuato a rimanere sotto protezione.

L’opera di convincimento è però proseguita. Tant’è che la madre le avrebbe inviato un sms. "Ti prego fatti sentire, torna a casa. Stiamo morendo. Torna, faremo come ci dirai tu...". Un messaggio per indurla a tornare a Novellara che gli investigatori non confermano, ma neppure smentiscono ufficialmente. Difficile dire se sia stata questa la molla (quel "faremo come ci dirai tu" si riferisce alle nozze forzate? O al fidanzato?) che ha portato Saman a prendere la decisione di abbandonare la comunità l’11 aprile per poi rientrare fisicamente ed effettivamente a casa il 22 aprile, in treno, da sola.

Così com’è un azzardo sostenere che possa essere stata una sorta di "trappola". Perché ciò vorrebbe dire che la pianificazione dell’omicidio premeditato sarebbe iniziata già quando la ragazza fosse in comunità. Una tesi che al momento non trova alcun riscontro oggettivo. E lo dimostra il fatto che questo messaggino non risulterebbe rilevante ai fini dell’indagine in corso, ma per inquadrare semmai il clima famigliare dei mesi precedenti al ritorno a casa di Saman. Lo stesso legale difensore dei genitori – Shabbar Abbas, 46 anni e Nazia, entrambi latitanti in Pakistan da almeno il 1° maggio quando sono rientrati in patria come risulta dagli imbarchi alla Malpensa – ci va cauto. "Il singolo elemento d’indagine non può essere decontestualizzato rispetto a tutti gli altri – spiega l’avvocato Simone Servillo – Una lettura complessiva di tutti gli elementi fornisce un quadro dei miei assistiti diverso da quello rappresentato dai media. Non bisogna saltare a conclusioni affrettate. Il contesto è suscettibile di una quantità molteplice di letture e non tutte sono in senso tale da far ritenere scontata la colpevolezza dei miei assistiti".

Intanto il fidanzato di Saman torna a raccontare a Chi l’ha Visto su Rai 3 quei drammatici giorni prima della sparizione della ragazza. "Se tuo figlio non lascia

Saman sterminiamo tutta la famiglia": con questa frase il padre di Saman assieme ad altri soggetti avrebbe minacciato i genitori del ragazzo 21enne. "Ma perché Dio ha deciso che la mia vita deve essere così? Non so cosa fare, mi scoppia il cervello", diceva Saman. "Tu lo sai quanto può essere pericoloso qui per te. Amore, vai dai carabinieri ora", le scriveva il fidanzato. "Sì, l’ho pensato", la risposta della ragazza, poco prima di sparire. La 18enne si era opposta a un matrimonio combinato con un parente in patria, voluto dalla famiglia, a fine 2020, e per questo era stata protetta in una comunità, quando era ancora minorenne. Ma poi ad aprile è tornata a casa. Ora per l’omicidio, mentre si cerca il corpo, sono indagati padre, madre, zio e due cugini.