"Saman, la famiglia pianificò tutto"

Il procuratore capo Paci sul caso della ragazza scomparsa: "Non abbiamo alcuna notizia sull’estradizione"

"Stiamo attendendo. Le autorità del Pakistan avevano attivato una procedura giudiziaria del cui svolgimento e del cui esito ancora non abbiamo notizia, questo è certo". Così il procuratore capo di Reggio, Calogero Gaetano Paci, commenta gli sviluppi del caso di Saman Abbas, a pochi mesi dall’inizio del processo ai familiari accusati di averla uccisa. Tra questi i genitori della 18enne scomparsa da Novellara il 30 aprile dell’anno scorso, volati in patria dopo il presunto delitto e tuttora latitanti. Alla domanda se secondo lui sono informati del procedimento giudiziario a loro carico il procuratore risponde: "Dubito che loro non ne siano a conoscenza. Non so quanto siano stati informati formalmente dall’autorità pakistana dell’inizio di un procedimento estradizionale. Di questo non abbiamo notizia".

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Saman Abbas
Saman Abbas

I riflettori sul caso della ragazza si sono riaccesi dopo l’emergere di una telefonata intercettata in cui il padre di Saman, Shabbar Abbas, rivela ad un parente di avere ucciso la figlia. "Le evidenze depongono tutte verso una soluzione cruenta, tragica, di un conflitto valoriale all’interno della famiglia di Saman Abbas a seguito delle sue legittime scelte esistenziali non condivise dal contesto familiare", commenta ancora il procuratore capo; che in vista della prima udienza contro altri tre parenti, arrestati all’estero ed estradati, aggiunge: "Il compito dell’ufficio sarà quello di fornire al giudice tutta la piattaforma indiziaria proprio per ricostruire gli ultimi due anni di vita della ragazza e poi ciò che successe nell’immediatezza della scomparsa e subito dopo".

 

Tutto, conclude Paci, "lascia deporre per una pianificazione che doveva avere un certo esito con tutte le conseguenze anche successive". Saman, secondo la ricostruzione della Procura, sarebbe stata uccisa per aver rifiutato le nozze combinate con un cugino pakistano dalla famiglia. Ma per Marwa Mahmoud, consigliera comunale di Reggio di origine egiziana, "la religione e il Paese dei suoi genitori condannano severamente i matrimoni forzati, la violenza sulle donne e la negazione di consensualità". Quello di Saman, quindi, "è un femminicidio, consumato in famiglia, all’insegna del patriarcato, che continua a proliferare a tutte le latitudini del mondo".

Saman, però, aveva previsto il suo drammatico destino. Tre mesi prima di sparire nel nulla, in chat confidò al fidanzato le sue paure e fece nomi e numeri di telefono dei familiari e dei personaggi che, secondo i suoi timori, le avrebbero potuto fare del male. Era il 4 febbraio 2021. Cinque delle persone che Saman cita in quei messaggi, al termine delle indagini sono state rinviate a giudizio per omicidio e distruzione di cadavere: i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen (latitanti in Pakistan), lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, arrestati nei mesi scorsi dopo la fuga all’estero, i primi due in Francia, il terzo in Spagna. Il processo inizierà a febbraio 2023.