CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Saman, tutti contro tutti. Lo zio accusa i genitori e il fratello: “No, è stato lui”

“Vidi Danish che prendeva mia sorella per il collo. Poi mi dissero: è in paradiso”. L’uomo replica ammettendo di aver partecipato alla sepoltura ma non all’omicidio. “Furono i due cugini a scavare la fossa. Io piangevo e baciavo il cadavere”

Saman, tutti contro tutti. Lo zio accusa i genitori e il fratello: “No, è stato lui”

Bologna, 14 marzo 2025 – Tutti contro tutti. È uno scambio di accuse incrociate al veleno tra i parenti coinvolti quello che va in scena alla terza udienza del processo d’appello a Bologna per l’omicidio di Saman Abbas, la 18enne di origine pakistana – ma che si faceva chiamare ‘Italian girl’ – uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 nelle campagne di Novellara (Reggio Emilia).

L’arrivo in tribunale a Bologna del fratello di Saman (nel tondo), Ali Heider
L’arrivo in tribunale a Bologna del fratello di Saman (nel tondo), Ali Heider

In primo grado, sono stati condannati all’ergastolo la madre, Nazia Shaheen, e il padre, Shabbar Abbas, e a 14 anni lo zio, Danish Hasnain. I cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz invece sono stati assolti in primo grado e sono quindi a piede libero, ma imputati in questo processo d’appello.

Il loro destino, però, è ancora tutto da scrivere. I giochi si riaprono, adesso, con le nuove testimonianze, come quella del fratello di Saman, Ali Heider, che all’epoca dei fatti aveva 16 anni, e le nuove dichiarazioni spontanee, come quello dello zio, che in aula parla per due ore. E, per la prima volta, confessa il suo concorso nel seppellimento della salma.

Ieri, nella terza udienza davanti alla Corte d’appello presieduta dal giudice Domenico Pasquale Stigliano, lo zio, assistito da una interprete, riferisce: “Non so chi ha ucciso Saman, non ero lì, stavo dormendo. Sapevo che quel giorno Shabbar era ubriaco, lo era spesso. I cugini sono venuti a chiamarmi la sera, mi dissero: ‘È successo un casino’. Sono uscito e ho visto il corpo di mia nipote tra le serre. L’ho presa tra le mie braccia, l’ho riempita di baci, ho pianto e urlato. Dicevo parolacce contro Shabbar, gridavo: ’Cosa ha fatto mio fratello?’ Poi, i cugini hanno scavato la fossa per seppellirla. Ci accordammo per tenere fuori la madre da questa storia, di risolvere tra noi uomini. Tramite Pakistan, poi, ho saputo che l’avevano uccisa i genitori. Ma io non so chi è stato, non l’ho mai chiesto”.

Saman, tutti contro tutti. Lo zio accusa i genitori e il fratello: “No, è stato lui”

Di certo, però, Danish sapeva dove è stata sepolta: a novembre 2022 è stata la sua indicazione a consentire agli inquirenti di trovarla, dopo un anno e mezzo di ricerche vane. Lo zio aggiunge poi di aver sentito “la confessione di Shabbar” durante una telefonata con il fratellastro Fakhar, “in cui diceva di avere ucciso sua figlia con le proprie mani per l’onore. E anche di aver lasciato il figlio in Italia per metterlo contro di me. E infatti mio nipote non fa che accusarmi, dice sempre che ha visto lo zio quella sera”.

Ora, invece, lo zio accusa i genitori e i cugini di Saman, mentre il fratello della ragazza punta il dito proprio contro di lui: “Quella sera ho visto lo zio che la prendeva per il collo, c’erano anche i cugini”.

Nella lunga testimonianza (quasi cinque ore), il giovane si sfoga: “Dopo la sua scomparsa, ho chiesto più volte dove fosse mia sorella ai cugini e allo zio. Una volta mi hanno risposto che non lo potevano dire, ma che non mi dovevo preoccupare stava bene, era in paradiso. Ogni volta che piangevo, mi dicevano di stare zitto, ero traumatizzato, i primi tempi facevo anche fatica a parlare”.

Racconta poi di avere avuto un buon rapporto con la madre, che lei non aveva mai picchiato né lui né Saman, e ha detto che era il padre a prendere tutte le decisioni in casa, si confrontava con gli altri uomini della famiglia mentre la madre “non poteva parlare”.

Quando il ragazzo ripercorre gli ultimi attimi di vita della sorella, la mamma scuote forte la testa, si raggomitola su se stessa e si mette a piangere. Tira fuori un fazzoletto per asciugarsi gli occhi e guarda in direzione del paravento. Là dietro, in modalità protetta, sente parlare quel figlio che non vede da quasi quattro anni e che è anche parte civile: “Chiedo giustizia per mia sorella”.

E intanto la madre, in carcere, prega molto, ogni volta che può. E chiede ossessivamente di poter rivedere suo figlio: “Vorrei solo riabbracciarlo”. Lo ripete ancora e ancora. Sa che in questa fase non è possibile (è in corso il processo e il figlio è anche parte civile, oltre che unico testimone oculare non imputato) ma vorrebbe farlo al più presto. Si dice preoccupata per lui, sa che in Italia è da solo (vive in un motel) e teme che possa perdersi, drogarsi, prendere cattive strade. Anche il figlio aveva espresso il desiderio di rivedere i genitori, ma ieri alla fine non è rimasto in aula dopo che ha finito di parlare: pensa di chiedere l’autorizzazione per un incontro con i genitori in carcere, in futuro. Nella prossima udienza, giovedì, renderanno dichiarazioni spontanee i genitori di Saman. Entrambi vogliono dare la loro versione. Sarà la prima volta per la madre, che in primo grado era ancora latitante: “Sono innocente, sono una madre che non ha ucciso”, aveva lasciato trapelare durante la prima udienza d’appello.