Sanità, 300 assunti col Covid sono a rischio

Gaetano Merlino (Cgil): "La coperta è corta. Da un lato andrebbero stabilizzati come contratto, dall’altro non ci sono i soldi per farlo"

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di Nicola Bonafini

Sono finiti gli extra budget. Ergo: le stabilizzazioni sì, ma nel rispetto di un budget, quello della sanità reggiana, che dovrà necessariamente contrarsi. E’ questa la sintesi della situazione che riguarda i 300 professionisti sanitari – di cui duecento nel ruolo di infermieri e oss – assunti con contratto a tempo determinato durante il periodo Covid. Ne ha parlato il segretario della Camera del Lavoro, Cristian Sesena nella lunga intervista del Primo Maggio rilasciata al Carlino e oggi viene ribadita ancor più nel dettaglio da Gaetano Merlino, sindacalista della Cgil reggiana con delega alle questioni relative alla sanità.

Personale amministrativo e professionisti sanitari. Quello che emerge è una sorta di ‘doppio binario’ tra il personale amministrativo assunto con contratto a tempo all’interno delle Ausl e i professionisti sanitari: "La Legge Madia stabiliva la necessità della stabilizzazione del rapporto contrattuale alla scadenza dei 36 mesi di contratto a tempo determinato – spiega Merlino –. Nell’ultima legge di bilancio, approvata dal Governo, vi è la conferma delle stabilizzazioni dei professionisti sanitari, entro il 31 dicembre 2023 (alla scadenza di 18 mesi di assunzione a tempo determinato, ndr)". L’inghippo? E’ duplice. Da una parte, per la stabilizzazione vi è la necessità che vi siano le risorse economiche sufficienti per sostenere i nuovi ingressi; dall’altra si deve capire che fine farà il personale amministrativo che, almeno sulla carta, rischia di non vedere riconfermato il posto di lavoro: "L’ostacolo maggiore, è ovviamente, quello dei bilanci delle Aziende sanitarie che sono pesantemente in rosso (secondo quanto trapelato, per esempio, l’Ausl reggiana dovrebbe essere ‘sotto’ di circa una cinquantina di milioni di euro, ndr). Il che vuol dire che la stabilizzazione di quei lavoratori c’è, se viene garantita l’adeguata copertura economica. Altrimenti ci possono essere dei problemi anche da questo punto di vista. Nonostante tutta la buona volontà da parte dei nostri interlocutori su questi aspetti".

La coperta corta. La fotografia che ne esce da questa problematica è proprio così: la tiri da una parte, ma scopri dall’altra. "Se stabilizzi un settore, poi rischi di dover necessariamente mettere a repentaglio un altro, per mancanza di coperture finanziarie – rimarca ancora l’esponente della Cgil –. Aggiungo anche l’aspetto delle graduatorie dei professionisti che hanno sostenuto i concorsi. Questi ultimi, magari ‘oggi’ hanno un altro contratto, magari nel privato, ma una volta scaduto quello possono venire a chiedere conto al pubblico della loro graduatoria e del perché al posto loro è stato stabilizzata una persona che aveva un contratto a tempo determinato. Ci sono vari livelli legislativi che si intersecano, la confusione è notevole".

Niente investimenti. La vexata questio è sempre quella: che fare allora, da parte del sindacato? "Noi possiamo fare tutte le mobilitazioni e le vertenze possibili – risponde, un filo sconsolato, Merlino –. Ma se la controparte non ha la volontà di investire c’è poco da fare. Se dal Governo non arriva l’intenzione di investire sulle strutture ospedaliere, dotando le singole regioni dei mezzi necessari per poter migliorare il servizio sul territorio, noi possiamo fare ben poco. Perchè, attenzione: questi ingressi coprirebbero il personale in uscita. Prepensionamenti, pensionamenti, e simili. Infine anche i soldi del Pnrr destinati alla sanità sono legati alla costruzione di nuove strutture, non all’ammodernamentoimplementazione di quelle esistenti. Anche sotto questo aspetto, il dialogo con le istituzioni è difficile".