Schiaffi sulla nuca agli alunni, insegnante assolto dopo otto anni

Schiaffi sulla nuca agli alunni, insegnante assolto dopo otto anni

Schiaffi sulla nuca agli alunni, insegnante assolto dopo otto anni

Un maestro era stato accusato di abuso dei mezzi di correzione verso due allievi di 9 anni. Ieri il processo di primo grado, che è durato otto anni, si è concluso con una sentenza di assoluzione emessa dal giudice Silvia Semprini, secondo la quale "il fatto non sussiste". In base alla ricostruzione investigativa, l’imputato, che oggi ha 69 anni ed è in pensione, avrebbe colpito i due bambini con schiaffi alla nuca, il cosiddetto ‘coppino’. Facendogli scrivere cento volte una frase di dileggio come punizione.

I fatti contestati sono avvenuti a Scandiano tra il maggio 2014 e l’aprile 2015: l’inchiesta era scattata dopo la segnalazione dei suoi comportamenti fatta da due insegnanti a una madre. In passato erano state sentite tre maestre, chiamate a testimoniare dalla pubblica accusa, che avevano confermato i fatti, accennando a uno schiaffo da lui dato a un altro bambino, vicenda non compresa nel capo di imputazione. Durante il controesame delle insegnanti, la difesa, affidata all’avvocato Domenico Noris Bucchi, aveva evidenziato alcuni aspetti da lui ritenuti contraddittori.

I genitori di un minore si sono costituiti parte civile attraverso l’avvocato Mattia Fontanesi. All’esito dell’istruttoria, il pm ha chiesto 4 mesi di condanna. Nella sua arringa l’avvocato Bucchi si è soffermato su due argomenti, come la mancanza della prova del fatto contestato: "Uno dei due ragazzini ha smentito la contestazione, mentre per l’altra testimonianza mancavano i riscontri – spiega il legale –. L’attendibilita delle dichiarazioni di chi si costituisce parte civile, chiedendo un risarcimento consistente, è soggetta alla valutazione del giudice".

E poi ha sostenuto il valore lecito del richiamo fatto dal maestro: "Se anche il giudice avesse ritenuto provato il fatto, non sarebbe risultata superata quella minima violenza fisica o morale necessaria per rafforzare il rimprovero così da sfociare nell’abuso – prosegue Bucchi –. Addirittura il maestro accompagnò l’alunno in un luogo isolato: non lo rimproverò davanti agli altri ragazzi proprio per evitare di umiliarlo. La ragione del rimprovero era giustificata, tanto da rendere addirittura obbligatorio l’intervento del maestro". "Devo dire che, dopo ben otto anni di processo, questa sentenza ripaga solo in minima parte le sofferenze patite dal mio assistito per questo lungo calvario" conclude l’avvocato.

Alessandra Codeluppi