Sequestro Gancia, sentito Ognibene

L’ex Br reggiano agli inquirenti: "Non potevo essere lì, ero in carcere"

Prosegue l’attività di indagine volta a cercare la verità sul sequestro dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia e il lancio delle bombe contro i carabinieri, avvenuto il 4 giugno 1975 nei campi di Cascina Spiotta di Melazzo, in provincia di Alessandria.

Morirono in due: la brigatista Mara Cagol, compagna di Renato Curcio e, qualche giorno dopo, il maresciallo Giovanni D’Alfonso.

Un altro carabiniere, Umberto Rocca, perse un occhio e un avambraccio, un altro rimase ferito.

Un uomo misterioso fuggì: di recente è circolato il nome di Lauro Azzolini, reggiano 79enne residente a Milano, come possibile autore del lancio delle bombe, fatto dall’ufficiale dei carabinieri (e poi membro sei Servizi segreti) Luciano Seno.

Azzolini, di fronte alla novità si è limitato a dire che "di quell’operazione si assunsero per intero la responsabilità le Br".

Gli inquirenti hanno affidato ai Ris l’incarico di rintracciare l’eventuale Dna sui tasti della macchina da scrivere – sequestrata in un covo – che il brigatista fuggito utilizzò per redigere un dettagliato rapporto sulal sparatoria di Cascina Spiotta.

Nei giorni scorsi i pm di Torino hanno voluto sentire, come testimoni, altri ex brigatisti: dopo Loris Tonino Paroli e Attilio Casaletti, è stata la volta di un altro reggiano, Roberto Ognibene e di Nadia Mantovani, originaria della città dei Gonzaga e da anni attiva in una comunità di Bologna che si occupa di recupero dei detenuti. Tutti sono assistiti dall’avvocato Vainer Burani: hanno riferito che in quel periodo erano in carcere.

al.cod.