Sette cadaveri carbonizzati nel canale Per raggiungerli si usano le corde

Lo sgomento dei soccorritori all’arrivo nel greto del rio Lama: dell’elicottero non rimane quasi nulla. Anche il pm è stato costretto a calarsi con l’imbragatura. Il sentiero del Battisti è sotto sequestro

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di Gianpaolo Annese

Torrente piuttosto secco, il rio Lama sembra scorrere ignaro della tragedia. Costeggia la strada che unisce i rifugi Segheria e più in alto Battisti che proprio ieri ha aperto inaugurando la stagione estiva: doveva essere una festa per escursionisti e amanti della montagna, è stato invece il giorno dello sgomento per la sorte dei sei passeggeri e il pilota dell’elicottero precipitati proprio nel canale. Zona irraggiungibile a piedi, il soccorso ha dovuto impiegare la tecnica alpina con le corde per recuperare quello che rimaneva dei corpi e dei detriti: imbragatura e poi giù con il verricello, una sorta di barella da tirare, a una profondità di 60 metri, tra massi appuntiti e il sinuoso greto del fiume dove spuntano i residui. Anche il magistrato, Marco Marano, è stato costretto a calarsi per le perizie di rito.

Il punto di raccolta dei soccorritori è a circa 200 metri dall’area in cui il velivolo è precipitato: una barriera umana impedisce l’accesso, l’area è sotto sequestro. Molti escursionisti e visitatori sono costretti a deviare il percorso o a tornare indietro una volta nell’area off limits. Una coppia di visitatori mostra la prenotazione per il rifugio Battisti, ma non ci possono essere eccezioni: un operatore della Misericordia che conosce il territorio indica loro la via alternativa: "Potete salite da questa parte e poi fare il giro lungo il sentiero battuto". Si comprende come mai un elicottero precipitato non sia stato rilevato da nessuno giovedì mattina: troppo recondito il cratere in cui è precipitato.

Per avvicinarsi il più possibile al punto occorre superare Civago e inerpicarsi per una decina di chilometri lungo un percorso sterrato e pietroso, particolarmente ostile se non si è camminatori allenati o non si dispone di una jeep. La sbarra solitamente chiusa a metà percorso ieri era aperta per facilitare le operazioni di recupero. Man mano che si sale anche i telefonini si arrendono: il segnale sempre più flebile fino a quando scompare del tutto, comunicare è impossibile: si sente il suono solo delle ricetrasmittenti professionali degli operatori e l’elica dell’elicottero che volteggia e veglia il lavoro degli operatori.

Una volta in prossimità del centro di raccolta, lungo la carreggiata i mezzi di soccorso sono in fila: più avanti, a una manciata di passi dal rifugio Battisti, la macchina dei soccorsi, uomini provenienti da mezza Italia, è in piena attività: coordina il Sagf, il soccorso alpino della Guardia di finanza da Roccaraso e Abetone, quindi c’è il dispiegamento del Soccorso alpino del Monte Cusna e del Cimone, il Saf dei Vigili del fuoco di Modena e Reggio, gli uomini e le donne della Misericordia: una cinquantina di persone in tutto, pronti a darsi il cambio o a intervenire in caso di necessità.

"Occorrono sei persone per un contrappeso", è l’ordine che arriva a un certo punto: è una tecnica che prevede che la carrucola risalga senza scossoni e ribaltamenti, si corre a dare manforte con uomini e corde. "Abbiamo saputo tutto grazie a un escursionista – spiega Luca Pezzi, responsabile del soccorso Alpino del Monte Cusna, sul posto per 12 ore ininterrotte assieme agli altri – ha intravisto un rottame in vetroresina che poteva essere della carlinga e non ha esitato a chiamare il 118, anche perché lo ha subito collegato all’elicottero disperso. A quel punto i volontari e il persona impegnato nelle ricerche è stato fatto convogliare sul posto". La scena è stata terribile: l’elicottero praticamente disintegrato, due corpi carbonizzati, altri quattro riversi senza vita e un altro schiacciato nella carlinga. I corpi sono stati condotti alla medicina legale di Reggio per l’esame autoptico.

(Ha collaborato

Generoso Verrusio)