Sfogo-bis di Iaquinta "Vittima della giustizia"

L’ex campione del mondo affida a Facebook il suo sfogo all’indomani della conferma della condanna per lui e suo padre nel processo Aemilia

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di Alessandra Codeluppi

Un calcio alla sentenza. Il secondo, dopo quello di due anni fa. "Oggi sono un uomo stanco, le mie gambe non corrono più. Ma corre la mia testa, ancora più veloce, cercando una soluzione alla situazione grave e infamante che ha coinvolto la mia famiglia". La voce di Vincenzo Iaquinta si incrina, mentre rivolge un accorato appello per il padre, all’indomani della sentenza di secondo grado di ‘Aemilia’, in un video pubblicato da un familiare su Facebook, insieme a una foto dove lui, con indosso la maglia della Juve, sorride al genitore. All’ex campione del mondo è stata confermata la condanna a due anni, che stavolta però è stata sospesa, per la detenzione illegale di armi (senza aggravante mafiosa, già decaduta in primo grado). Per il padre Giuseppe, imprenditore edile Reggiolo, sono stati decisi tredici anni: sei in meno della sentenza emessa a Reggio il 31 ottobre 2018, ma con la conferma dell’associazione mafiosa. Se due anni fa Iaquinta uscì dal tribunale reggiano urlando che i giudici erano "ridicoli", oggi il suo grido lo ha affidato a Facebook.

"Mio padre è in carcere per errore", dice mentre gli si incrina la voce. "Finché non si ammetterà la verita, cioè che lui è estraneo, la mia voce non smetterà di urlare la sua innocenza". Così racconta la sua storia: "Fino a qualche anno fa ero un campione del mondo, mentre oggi con mio padre sono vittima della giustizia italiana. Mai avrei pensato di dovermi difendere da un’accusa così infamante, senza alcuna prova. Ma io, dopo la sentenza, non mi arrendo, perché sono responsabile moralmente nel difendere l’onestà di mio padre e dei miei quattro figli, che non possono vivere in un mondo che si nutre di ingiustizie. Una volta si può sbagliare, la seconda diventa accanimento giudiziario: non si è tenuto conto della realtà dei fatti".

Iaquinta junior fa un appello "per mio padre, che ora è impotente, incredulo e sfiancato; per la memoria di mia madre, che si è lasciata morire dal dolore; per i miei figli e chi non ha voce e finisce nei guai giudiziari seppur estraneo. Molti non hanno un potere mediatico come può averlo il mio cognome". Iaquinta fa un appello alla stampa: "Dico ai giornalisti, che in queste ore si sono affrettati a fare articoli con la mia foto e a dare un’informazione chiara, portando alla luce anche ciò che manca in quest’indagine, cioè una motivazione valida: l’informazione è importante, ma non può basarsi solo un titolo per attirare l’attenzione". Intanto è stato avviato lo smontaggio dell’aula bunker che nel tribunale di Reggio ha ospitato ‘Aemilia’ e, di recente, l’avvio delle udienze preliminari di ‘Angeli e demoni’ e ‘Octopus’: tutti i banchi sono già stati tolti, in vista della trasformazione in spogliatoio in via Agosti.