Silk-Faw a Reggio Emilia, in aula i creditori: tanti i nomi illustri. Da Giugiaro a Dallara, fino a Nomisma

La società sino-americana chiede tempo per un piano di risanamento, il giudice si riserva

La cittadella dell’auto che doveva nascere nelle campagne di Gavassa secondo i progetti di Silk-Faw: un investimento gigantesco che è rimasto lettera morta

La cittadella dell’auto che doveva nascere nelle campagne di Gavassa secondo i progetti di Silk-Faw: un investimento gigantesco che è rimasto lettera morta

Reggio Emilia, 12 aprile 2023 – Figurano anche nomi molto noti tra le società creditrici di Silk-Faw, la joint venture sino-americana delle auto elettriche di lusso che doveva insediarsi a Gavassa, a oggi progetto rimasto incompiuto.

Compare Nomisma, realtà di Bologna che fa ricerche di mercato e consulenze per imprese, associazioni ed enti pubblici, per la quale anni fa operò l’ex premier Romano Prodi. Ma anche prestigiose realtà delle quattro ruote, come Italdesign Giugiaro di Torino e la nostrana Dallara auto con sede a Varano Melegari (Parma). E poi diverse società di ingegneri, oltre a realtà straniere (tra cui tedesche).

Queste e diverse altre aziende, attraverso gli avvocati da loro incaricati, sono comparse ieri mattina davanti al giudice Nicolò Stanzani Maserati, per l’udienza scaturita dall’istanza di composizione dello stato di crisi depositata il 6 marzo da Silk Faw, che ha chiesto misure protettive così da sospendere le azioni intraprese dai creditori nei confronti della società.

Ieri il giudice ha concesso qualche giorno sia alla Silk Faw per produrre documenti, sia al commercialista Giancarlo Attolini, consulente reggiano della Camera di Commercio di Bologna - di cui si avvale la società - per integrare la propria relazione.

Poi il giudice valuterà se accogliere la richiesta avanzata da Silk Faw, che di recente, in una lettera inviata ai fornitori aveva palesato l’obiettivo di "attuare un piano di risanamento aziendale che conduca al superamento dell’attuale situazione di tensione finanziaria".

Nonostante la revoca dei fondi da parte della Regione, e l’accordo urbanistico stracciato dal Comune, l’amministratore delegato Giovanni Lamorte aveva prospettato un futuro: "Rilanceremo il progetto e cambieremo il layout dello stabilimento, avendo meno metri quadrati a disposizione". E aveva spiegato la scelta di depositare l’istanza, prevista dal nuovo codice della crisi e dell’insolvenza nato nel periodo Covid, "per agevolare le aziende che producono fatturato ma non incassano per problemi temporanei come i nostri, e non strutturali". Secondo gli accordi, Silk Faw avrebbe dovuto avviare la produzione entro la fine del 2024: il progetto era stato magnificato dagli amministratori pubblici come una grande opportunità per il territorio. Ma le promesse non sono state mantenute, fatto su cui hanno pesato anche le tensioni Usa-Cina. La Regione ha sempre sostenuto che, senza l’avvio del cantiere, l’investimento promesso da 1,3 miliardi e il migliaio di assunzioni assicurate, non sarebbero arrivati fondi pubblici: in febbraio ha revocato i 4,5 milioni di contributi. I debiti della società si attestano sui 19 milioni, mentre i decreti ingiuntivi dei fornitori si aggirano sui 16,6 milioni, a cui si aggiungono anche le azioni dei dipendenti per stipendi arretrati.

Il caso Silk-Faw è stato oggetto anche di un botta e risposta in Consiglio regionale. A Valentina Castaldini (Fi), che chiedeva notizie, l’assessore allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla, ha detto che "l’azienda non ha mai chiesto il contributo, non ha mai spedito le pratiche con la rendicontazione delle spese. L’azienda ha avuto difficoltà a raccogliere le risorse finanziarie eha comunicato di voler rinunciare ai contributi. La Regione non ha erogato alcun contributo e non ci sono le condizioni per una richiesta di danni".