"Sono in uno stato di disumanità totale"

L’avvocato Ernesto D’Andrea sulle condizioni di Silvia Pedrazzini e del marito. In difficoltà dopo la scarcerazione: "Devono ringraziare dei parroci in provincia"

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"Sono in uno stato d’abbandono e di disumanità totale. Non hanno denaro e indumenti, sono vestiti come una settimana fa. Devono ringraziare alcuni bravi parroci della provincia, che con umanità, li hanno ospitati e dato loro qualcosa per mangiare".

Alza la voce Ernesto D’Andrea, difensore di Riccardo Guida e Silvia Pedrazzini, indagati per il presunto omicidio di Giuseppe Pedrazzini (padre di Silvia e genero di Riccardo), trovato morto nel pozzo nei pressi della sua abitazione a Cerrè Marabino di Toano. L’avvocato, ospite giovedì sera alla trasmissione tv ‘Il Graffio’ a TeleReggio, ha spiegato perché i suoi assistiti – scarcerati dal gip Dario De Luca lunedì scorso – non sono ancora a Taranto, luogo indicato per ottemperare all’obbligo di dimora con firma stabilito dal giudice. "Possono aver sbagliato, ma la pena non può essere disumana", ha detto D’Andrea il quale poi ha aggiunto: "Pericolo di fuga? Non sono scappati quando hanno saputo di essere indagati. E poi hanno difficoltà di soldi, non hanno vestiti (la casa dove vivevano è sotto sequestro, ndr). Si sono presentati dai carabinieri reggiani a firmare, spiegando queste problematiche, come possono fuggire? Appena possibile andranno in Puglia per trovare un po’ di pace".

L’avvocato poi, riguardo al distacco degli indagati (assieme alla vedova Marta Ghilardini) mostrato fuori dal carcere rispetto alle domande sulla morte di Giuseppe ("Non vogliamo parlarne. Sappiamo solo che dovevamo fare un rogito e forse a qualcuno non stava bene…", hanno detto gridando al ‘complotto’). "Bisogna immedesimarsi, non si sono nemmeno resi conto di quanto accaduto, tra la morte del proprio caro e il carcere. La moglie era affranta dal dolore quando ha visto il corpo. La figlia uscita dal carcere era irriconoscibile, non credeva ancora alla morte del padre e aveva gli occhi cerchiati di rosso".

Poi ha puntato il dito contro fratelli e sorelle di Giuseppe sulla mancata denuncia di scomparsa: "Non sono stati loro a fare la denuncia, ma chi ha segnalato prima di tutti il caso è stata una benzinaia del paese. Se erano preoccupati perché non si sono mobilitati? Quando il corpo era in obitorio, loro erano in Procura con l’avvocato a chiedere già i danni…".

Parole alle quali i fratelli e le sorelle – domandando al loro legale Naima Marconi – non vogliono replicare. Intanto, nonostante l’ok della magistratura (mentre si attendono i risultati dell’autopsia), i funerali ancora non sono fissati. A decidere a riguardo – per legge in quanto parente più stretta al defunto – dovrà essere la moglie, essendo stata scarcerata. Infine sul mistero di chi possa aver chiuso il pozzo artesiano con una lastra di pietra D’Andrea ha chiosato: "Non ci sono indizi o prove. Ci sono solo ipotesi e allora io posso ribattere: per quale motivo avrebbero dovuto metterlo loro? Sostenere che lo abbiano ammazzato, come diceva mia nonna, ci passano il mare e le montagne…".

dan. p.