Specialità comunali "Saba e la prima neve Poi le chizze, illusione di gnocco fritto"

I due prodotti gastronomici sono esclusivamente reggiani. Il Comune li candida al marchio De.Co., come successo coi cappelletti. "La saba ha una storia millenaria, la usavano già greci e romani".

Specialità comunali  "Saba e la prima neve  Poi le chizze, illusione  di gnocco fritto"

Specialità comunali "Saba e la prima neve Poi le chizze, illusione di gnocco fritto"

"Ma ve la ricordate la prima neve, quando la nonna la raccoglieva e con la saba ci preparava la granatina?" Davide Borghi dell’Accademia dell’aceto tradizionale ’Terre di Canossa’ ha presentato così la candidatura a prodotto ’De.Co’ che l’istituto di cui fa parte ha avanzato per la saba. Insieme a lui c’era Anna Marmiroli che, a nome della delegazione reggiana dell’Accademia italiana di cucina, ha fatto lo stesso per la chizza: "È un prodotto che c’è solo a Reggio, è arrivato in qualche comune nei dintorni ma se ci si allontana solo di pochi chilometri nessuno più sa cosa sia".

Il marchio ’Denominazione di origine comunale’, abbreviato in ’De.Co’, è stato istituito dal Comune di Reggio a metà 2021: "Il marketing territoriale non può prescindere dalla promozione dei prodotti tipici della gastronomia locale e oggi proseguiamo quanto fatto a fine 2022, quando il marchio fu assegnato per la prima volta al principe della tavola reggiana, il cappelletto" spiega l’assessora al commercio Mariafrancesca Sidoli. "Per ottenerlo non serve solo un disciplinare relativo a ingredienti e preparazione, ma anche un approfondimento storico-contestuale che ne dimostri il valore culturale".

"La chizza - racconta Marmiroli - è un prodotto tutto reggiano, un’illusione di gnocco fritto creata all’inizio del secolo scorso dal pasticcere ebreo Federico Sacerdoti, detto Salamein, che lavorava in via dell’Aquila, nell’antico ghetto. Voleva ricreare lo gnocco ripieno, senza il grasso del maiale vietato dalla religione ebraica e cercò di fornire lo stesso sapore attraverso il burro. Creò così questa sfoglia cotta al forno, che è proprietà esclusiva di Reggio". Già nel 1909 ebbe fama internazionale: "Il presidente della ’British agricoltural and Industrial Company’ Edward Glayword se ne innamorò in un pranzo e ne scrisse lodi sperticate sulla prestigiosa rivista francese ’International Gastronomique’".

La saba si fa in tutta Italia, non si pensa come tradizione reggiana: "Ha una storia millenaria, la usavano già - ha detto Borghi - i greci e i romani per addolcire e conservare. Dalle nostre parti però la si produce soprattutto con l’uva di Ancellotta che le conferisce profumi e aromi straordinari. Inoltre noi cuociamo direttamente il mosto, non il vino come in altre regioni".

In sala rossa del Municipio è stato anche firmato un "Protocollo d’intesa fra Comune e associazioni culturali per la tutela e la valorizzazione delle tipicità di Reggio Emilia". A firmarlo sono stati, oltre all’assessora Sidoli a nome dell’amministrazione e i rappresentanti già citati delle due accademie, Simone Magnanini per Associazione cuochi città del tricolore, Danilo Morini per Associazione del cappelletto reggiano e Giuseppe Adriano Rossi per la sezione reggiana della Deputazione di storia patria. "Il protocollo è un punto di partenza, non solo per ’De.Co’ ma anche per rafforzare il settore agroalimentare della città. Abbiamo proposte e idee per valorizzare il patrimonio gastronomico della città, rivolgendoci anche al futuro e alle nuove generazioni" ha detto Sidoli.

Tommaso Vezzani