
Un 53enne è finito a processo per l’accusa di stalking nei confronti di una conoscente, cioè la moglie di un...
Un 53enne è finito a processo per l’accusa di stalking nei confronti di una conoscente, cioè la moglie di un amico. I tre facevano parte di un gruppo di amici, ma poi per qualche motivo i rapporti si sono deteriorati. Il movente non è emerso dal processo; secondo la donna l’altro si sarebbe infatuato di lei che però era felicemente sposata. Al termine del primo grado con rito abbreviato, l’uomo è stato ritenuto responsabile e condannato ieri dal giudice Michela Caputo (foto) a 1 anno e 2 mesi, una pena appena più alta di quella chiesta dal pubblico ministero (1 anno). Secondo la ricostruzione accusatoria, i fatti si sarebbero verificati in città dal novembre 2018 al febbraio 2024. Lui le avrebbe indirizzato telefonate anonime, si sarebbe presentato spesso, ogni 15-20 giorni e talvolta quotidianamente, nei luoghi frequentati dalla donna e tenendo un atteggiamento provocatorio e minaccioso. In un caso, avvicinandola al centro sociale di via Brigata Reggio, l’avrebbe fissata e fatto con le dita il segno del taglio del collo, sputando per terra, toccandosi le parti intime in segno di minaccia e rivolgendole insulti come "drogata, alcolizzata e cattiva madre".
L’imputato è sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico. Alla donna, una 43enne costituita parte civile attraverso l’avvocato Davide Martinelli (foto), è stato riconosciuto un risarcimento danni di 3.500 euro. L’avvocato difensore Matteo Iotti, da noi interpellato, annuncia che proseguirà la battaglia legale: "I fatti contestati sono avvenuti in un momento delicato della vita del mio assistito, appena dopo la morte del padre. Ricorreremo in Appello – annuncia Iotti –. Il reato di atti persecutori dev’essere applicato per ipotesi differenti e non per punire ripicche personali".
al.cod.