
Strage di Gaida. Chiuse le indagini. Lame vuole patteggiare
La Procura ha chiuso gli accertamenti sulla tragedia di Gaida, in cui morirono quattro persone: un fatto che sconvolse la città, suscitando dolore e rabbia. Nella sera del 30 ottobre 2022, alle 19.50, il 33enne albanese Orjol Lame si schiantò al volante di una Fiat Stilo contro un rustico disabitato nella frazione reggiana, sulla via Emilia. Persero la vita tutti coloro che erano a bordo con lui: la compagna 22enne Shane Hyseni, il loro figlio di un anno e mezzo Mattias Lame, il fratello e la sorella della giovane, Resat e Rejana, di 11 e 9 anni. Lame fu trovato positivo ad alcol e droga; la sua auto procedeva ad alta velocità, non era revisionata e assicurata e in più su di lui pendeva un provvedimento di espulsione. Ora il pubblico ministero Piera Cristina Giannusa ha concluso le indagini preliminari, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Da parte dell’imputato la volontà che si sta profilando è quella di trovare un accordo sulla pena attraverso un patteggiamento. È solo l’ultimo sviluppo di una vicenda giudiziaria che ha riservato diversi colpi di scena. A metà dicembre, anche se la sua condizione neurologica non si poteva considerare del tutto stabilizzata, Lame era stato ritenuto capace di partecipare al processo, in cui dovrà rispondere di omicidio stradale plurimo e con diverse aggravanti: era quanto emerso dalla nuova perizia fatta dal medico legale Moreno Lusetti sul 33enne, reduce da un lungo coma. Nella prima perizia, risalente a qualche mese prima, Lame era stato invece ritenuto non imputabile alla luce delle sue condizioni cerebrali. Ma poi l’avvocato della famiglia delle vittime, Nicola Termanini, aveva presentato una memoria, sostenendo che lui fosse migliorato. Il giudice delle indagini preliminari Andrea Rat aveva così disposto una nuova perizia, il cui responso aveva ribaltato la prima. Alla luce delle sue condizioni iniziali, non poteva essere richiesta una misura cautelare. Ma poi lui si svegliò e fu traferito dall’ospedale Santa Maria Nuova a un centro di riabilitazione a Correggio. Il gip nel febbraio 2023 e poi il Riesame di Bologna due mesi dopo avevano rigettato la richiesta di misure cautelari allora avanzata per il 33enne (arresti domiciliari e in subordine divieto di espatrio, domandati dal pm Marano): non sono stati ravvisati i pericoli di fuga e di reiterazione di condotte pericolose alla guida perché privo di patente ed era stato dato peso alle sue condizioni di salute ancora precarie (allora si muoveva su carrozzina a rotelle). I parenti delle vittime temevano inizialmente che il 33enne, indagato a piede libero e rientrato in Albania, potesse non presentarsi più in Italia. Invece lui, difeso dall’avvocato Giuseppe Caldarola, è tornato e si è sottoposto agli accertamenti.