Dopo il caso della donna pachistana minacciata dal marito perché aveva solo figlie femmine, abbiamo chiesto un’opinione su queste storie sempre più frequenti a Sarha Mineo, presidente di Nondasola Reggio.
La vostra associazione qui in città gestisce il centro antiviolenza Casa delle Donne. Molte delle donne che si rivolgono a voi sono straniere?
"Di norma quattro donne su dieci sì. Con predominanza musulmana, il che rispecchia il tessuto sociale di Reggio, ma tante vengono anche dalla comunità indiana e pakistana"
Come si mantiene un equilibrio tra la comprensione di una differente cultura e il voler aiutare una donna nella sua autodeterminazione?
"Come centro noi facciamo sempre un passo indietro. Sono le donne, autonomamente e a poco a poco, che maturano la propria autodeterminazione. Da parte nostra non c’è mai un posizionarsi rispetto alla loro cultura d’origine, proprio per non costringerle a fare scelte che non sono pronte a compiere. Non sempre poi un percorso finisce con la fuoriuscita da un nucleo familiare di abusi, capita anche che tornino indietro, e questo noi lo rispettiamo"
Certo, ma lo vivete come un fallimento?
"Siamo consapevoli, ecco. Da donna e da avvocata, io personalmente provo frustrazione. Sul piano individuale vorresti poter aiutare, ma mettiamo sempre in conto che ogni donna è libera di scegliere".
È un tema divisivo: rispettare e comprendere le ragioni culturali o religiose, oppure no, giusto o sbagliato. Voi come vi ponete?
"Noi promuoviamo la libertà e l’autodeterminazione delle donne e degli esseri umani tutti, non ci poniamo contro quello o questo. Vogliamo essere ‘con’ e non ‘contro’, sensibilizzare la cittadinanza e creare un tessuto di alleanze nella nostra missione".
I figli in genere sono uno sprone a voler uscire da un contesto di abusi e violenza?
"A volte sì e a volte no. Alcune donne riescono a uscirne proprio perché vogliono tutelare i figli, altre volte può trattarsi di donne sole, che non lavorano e hanno paura che i figli vengano loro portati via. Spesso non hanno informazioni sulla rete che opera sul territorio, per cui una situazione di abuso ma quantomeno conosciuta è ai loro occhi l’unica opzione. Quasi mai tra l’altro hanno altri appoggi, parenti o anche solo amici e conoscenti, e questo succede anche a tante italiane"
Avete gestito casi in cui anche il figlio diventa violento?
"Sì mi è capitato un paio di volte, in consulenza. Donne che avevano difficoltà oltre che col marito anche col figlio, già maggiorenne e lavoratore ma che viveva con i genitori. Capita che certi atteggiamenti non vengano assorbiti dai figli, ma tante altre volte se fin da bambino si cresce in mezzo a certi atteggiamenti e si respira un contesto familiare di quel tipo, è proprio quello che succede"
Giulia Beneventi