Reggio Emilia, accusati di stupro. Ma loro giocavano a carte

Due nomadi di Rovigo in carcere per violenza sessuale. Grazie a una testimonianza arriva la richiesta d’archiviazione della procura

Il sostituto procuratore Maria Rita Pantani della procura di Reggio Emilia

Il sostituto procuratore Maria Rita Pantani della procura di Reggio Emilia

Reggio Emilia, 19 maggio 2020 - C’è la richiesta di archiviazione per i due nomadi di Badia Polesine (Rovigo) che nel 2017 erano stati accusati di uno stupro nel Reggiano. All’avvocato Andrea Cirillo di Rovigo è stata notificata ieri. Nella primavera del 2017 Rocky Ahmetovic, 18 anni, e il padre Alessandro, che ne aveva 37, hanno passato 3 mesi e 10 giorni in carcere a Modena nella sezione dedicata a pedofili e violentatori. Erano accusati di aver stuprato una ragazza di 19 anni nella notte fra il 30 e il 31 marzo 2017 a Reggio Emilia.

Una vendetta tra famiglie nomadi rivali. Il 12 luglio 2017 il gip del tribunale di Reggio Emilia, Giovanni Ghini, li ha scarcerati scrivendo "la prognosi di condanna è compromessa" perché sono emerse le testimonianze di tre persone, scollegate dal giro di amicizie dei due arrestati, che ascoltate come persone informate sui fatti alla questura di Rovigo hanno dichiarato di aver visto Alessandro Ahmetovic per tutta la sera del presunto stupro in un bar di Badia.

La firma sulla richiesta di archiviazione è del pm Maria Rita Pantani della procura di Reggio Emilia. Era stato l’avvocato Cirillo, da subito, a dire di controllare le telecamere di video sorveglianza all’uscita di Badia, che avrebbero dimostrato l’impossibilità che Alessandro Ahmetovic fosse a Reggio Emilia il giorno dello stupro. E poi a far emergere le dichiarazioni del barista e degli avventori dell’esercizio pubblico dove Ahmetovic era stato quella sera. Altrimenti, forse, sarebbe finita diversamente per i due nomadi che erano stati incarcerati con accuse pesantissime in base alla testimonianza della giovane che era stata visitata al pronto soccorso del Santa Maria Nuova dove le sue condizioni erano state giudicate compatibili con le accuse. Ma probabilmente era successo altro, che nulla ha a che vedere con i nomadi di Badia.

Secondo gli inquirenti, Rocky e Alessandro si erano presentati a Reggio Emilia, avrebbero prelevato la giovane dalla doccia del caravan dove si era rifugiata e, aiutati da un terzo soggetto non identificato che guidava un furgone, l’avrebbero portata in un luogo buio e appartato per picchiarla e stuprarla, oltre che per strapparle dal collo la collana che indossava. I referti medici sulle condizioni della ragazza accreditavano l’ipotesi che avesse subito violenze, anche sessuali. Sulla base del referto, delle dichiarazioni della parte offesa, di sua madre e di un fratello la polizia e la procura hanno deciso di arrestare gli Ahmetovic. "Sono rimasto allibito quando mi hanno detto perché erano lì. Quella sera avevo giocato a briscola a casa con i miei cugini e mio figlio e poi ero andato al bar a Badia", raccontò in seguito Alessandro Ahmetovic.