Stuprata per vendetta, il racconto choc

"La violenza sul furgone. Poi mi hanno buttata fuori". Restano in cella i due nomadi, padre e figlio, accusati dell’orrore

Violenza sulle donne

Violenza sulle donne

Reggio Emilia, 7 aprile 2017 - «MI hanno stuprata in due, padre e figlio, nel retro del furgone. Poi mi hanno buttata giù dal cassone, seminuda». È agghiacciante il racconto della ragazza nomade di 21 anni che ha denunciato di essere stata stuprata a Reggio, nei giorni scorsi. Una vendetta, nei confronti del padre di lei, per un furto spartito male. 

Rocky e Alessandro Ahmetovic, ora, restano dietro le sbarre a Rovigo. La ragazza nelle prime ore del 31 marzo scorso era stata sottoposta ad accertamenti sanitari che certificherebbero le lesioni compatibili alla violenza sessuale riferita. Ma anche i segni di percosse al volto, al collo, alla zona toracica. Ieri il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Rovigo, Alessandra Martinelli, ha applicato la custodia cautelare in carcere per gravi indizi di colpevolezza. Ma non ha convalidato il fermo, dichiarandosi incompetente per territorio e ha trasmesso gli atti alla procura di Reggio, che coordina l’inchiesta. Ora sarà un giudice reggiano a decidere.

Tutto sarebbe accaduto partendo dal Campovolo, attorno all’una e mezza della notte del 31 marzo; poi, in via XX settembre è stata trovata la ragazza in stato di shock, grazie a una segnalazione arrivata al 118 da una cabina telefonica. Sul posto l’ambulanza e la polizia. I segni al volto e alle braccia sono sembrati subito compatibili con la violenza denunciata. 

E domenica Alessandro Ahmetovic, 37 anni, e il figlio Rocky 18enne, dopo le indagini della squadra mobile della polizia reggiana, sono stati trovati a Badia Polesine, in provincia di Rovigo, dove vivono in maniera semi stanziale. La ragazza di 21 anni ha detto che i due, con un terzo uomo non identificato, si sono presentati attorno a mezzanotte nel caravan dove lei si trovava assieme alla madre e ai fratelli da qualche giorno, al Campovolo. Erano arrivati a Reggio per una festa, dal milanese.

Lei, a quel punto, è scappata in doccia per proteggersi. Ma loro l’avrebbero trascinata fuori e caricata nel mezzo furgonato condotto dal terzo uomo. Ha detto di essere stata percossa nel furgone e portata in un luogo appartato e buio dove l’avrebbero brutalmente stuprata. Padre e figlio, a turno. Per finire le avrebbero strappato di dosso la collana d’oro che indossava. 

Quando è stata ritrovata dalla polizia la giovane donna era scalza, seduta a terra con addosso soltanto la canottiera e una gonna. In carcere il gip mercoledì ha interrogato i due Ahmetovic dicono di essere innocenti e che nell’intervallo di tempo in cui si sarebbero svolti i fatti si trovavano entrambi nel comune di Badia Polesine. Il padre Alessandro nel bar Lucky Games. Rocky in casa. Ma il giudice ritiene che allo stato attuale questa ricostruzione sia del tutto destituita di riscontri. Mentre il loro avvocato, Andrea Cirillo, invita a prendere visione dei filmati delle telecamere di Badia che dimostrerebbero la fondatezza delle parole dei suoi assistiti. La vicenda giudiziaria ora proseguirà a Reggio: il pm Maria Rita Pantani indaga per violenza privata, sequestro di persona, violenza sessuale, rapina e lesioni.