Taglio del 20% dei prelievi dal fiume per garantire l’irrigazione dei campi

’Allarme rosso’, prime misure per fronteggiare l’ emergenza da parte dell’Osservatorio del Bacino del Po . Per i prossimi 10 giorni le previsioni meteo, a parte qualche temporale, non annunciano precipitazioni

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di Antonio Lecci

È di colore rosso la situazione che emerge dall’incontro dell’Osservatorio permanente sugli utilizzi della risorsa nel bacino del fiume Po, che ieri mattina si è riunito nuovamente – per l’ottava volta quest’anno – per fare il punto sulla "crisi idrica" in atto. E non poteva esserci un resoconto differente di fronte all’assenza di precipitazioni, ad alte temperatura, a scorte di neve montana ormai esaurite e carenza di acqua pure nei grandi laghi, oltre alla perdurante assenza di quegli interventi promessi da decenni ma che in realtà non sono mai stati realizzati. Almeno finora.

Il livello del fiume Po, dopo aver toccato i 4,55 metri sotto lo zero all’idrometro AiPo di Boretto alle 19,45 di sabato scorso, ieri pomeriggio era "risalito" a 4,39 metri sotto lo zero, grazie all’apporto idrico di qualche lago o bacino interno. Ma è davvero la "goccia nel mare", di fronte alla necessità di risorsa che viene richiesta dall’agricoltura per l’irrigazione dei campi. La portata di 180 metri cubi al secondo che si registrava ieri a Pontelagoscuro potrebbe essere sufficiente se solo ci fosse una adeguata "bacinizzazione" del fiume, evitando di gettare in mare, ogni giorno, milioni di metri cubi di acqua dolce.

Tornando all’attualità, senza piogge e con temperature elevate la situazione tende a peggiorare giorno dopo giorno. E la prospettiva non è rosea, considerando che le previsioni meteo non forniscono possibilità di precipitazioni per almeno 10-12 giorni, tranne possibili episodi temporaleschi. Dalle Regioni Emilia-Romagna e Piemonte è stata inoltrata richiesta al Governo Draghi dello stato di emergenza, anche alla luce del protocollo sugli impieghi che per legge prevede prima quelli civili per le forniture del comparto idropotabile, poi quello agricolo, poi via via tutti gli altri.

Si chiedono interventi che consentano di far fronte all’emergenza, ma anche investimenti per realizzare quegli interventi a lungo termine che si attendono da tempo lungo il corso del Grande Fiume. E risulta sempre più elevato il rischio di arrivare a razionare l’uso di acqua. Alle attuali condizioni sarebbe necessario fermare i prelievi idrici a scopo irriguo. Ma è chiaro che questa soluzione non è attuabile, si finirebbe col risolvere un problema creandone un alto. Ma si procederà (questo ormai è dato per assodato) con una riduzione del 20% dei prelievi, almeno per garantire l’irrigazione dei campi.

"Proseguendo il prelievo dai laghi si garantisce la continuità irrigua. Giunti a questi livelli di secca e di carenza idrica, ogni decisione porta con sé margini di criticità".

Ma l’obiettivo, in ottica di area vasta, "è quello di minimizzare il danno quanto più possibile in attesa di potenziali integrazioni amministrative dei territori e degli organi di governo", dicono dall’Osservatorio.

Intanto Utilitalia, che gestisce l’acqua idropotabile, avverte: "I livelli di attenzione sono altissimi per poter intervenire anche in somma urgenza nel peggiore dei casi e con ausilio di autobotti o altre reti disponibili (14 in regione)".