Tra lacrime e gelo, l’ultimo saluto a ’Beppe’

Ieri il funerale di Giuseppe Pedrazzini, trovato morto a casa sua, in un pozzo. Non un cenno tra la moglie, che è indagata, e gli altri parenti

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di Daniele Petrone

La vedova seduta da sola, in prima fila, in chiesa. Due banchi dietro di lei, tutta la famiglia Pedrazzini unita e stretta nel dolore. I loro sguardi non si incrociano mai. Una distanza siderale, incolmabile, glaciale. In quel vuoto ci sono silenzi che urlano, rancore e tutto il mistero che avvolge la morte di Giuseppe, il 77enne trovato senza vita nel pozzo dietro casa a Cerrè Marabino e che secondo la Procura di Reggio sarebbe stato ucciso.

Un clima surreale quello che si respira a Toano dove ieri si sono svolti i funerali dell’anziano. Da una parte Marta Ghilardini, moglie della vittima, indagata per presunto omicidio, sequestro di persona, soppressione di cadavere e truffa ai danni dello Stato, reati ipotizzati in concorso con la figlia Silvia e il genero Riccardo Guida (assenti ‘giustificati’ alle esequie, dal provvedimento giudiziario dell’obbligo di dimora fuori dalla regione Emilia-Romagna), tutti scarcerati quattro giorni dopo il fermo per mancanza di indizi di colpevolezza. Dall’altra parte ci sono Claudio, Floriana, Carla, Luciana, fratelli e sorelle di ‘Beppe’ assieme a nipoti e altri familiari. Uniti. Compatti. E convinti che la morte del loro caro non sia stata naturale.

Marta arriva con la sua andatura claudicante, percorrendo la stradina in salita che porta alla chiesa, tenendo in mano una busta con la spesa e la mascherina a nascondere metà viso. Dribbla le numerose telecamere e mira dritto al sagrato. Non una parola, non un cenno, non un’occhiata coi familiari del marito che non la considerano – e forse mai l’hanno considerata – una di loro. Si va a sedere nella panca davanti all’altare, lasciandosi alle spalle i giudizi di un paese intero che è come se l’avesse già condannata tant’è che nessuno le fa le condoglianze. Sono tutte per gli altri, con le sorelle che piangono sul feretro poco prima che inizi la cerimonia. Al suon della campana, tra il centinaio di presenti in chiesa, si mormora dal fastidio per le dirette tv proprio fuori dalle porte. Ma si fa finta di nulla, cercando quella normalità nella quale è abituata a vivere il paese di montagna.

Gli stessi parroci, i don Giancarlo Bertolini e Alpino Gigli, smorzano i toni. "In questi giorni si è detto e giudicato, anche con presunzione. C’è bisogno di silenzio dopo queste troppe chiacchiere e di pregare. Di invocare perdono e perdonarci", si limitano a dire nell’omelia, evitando però il momento dello scambio della pace per evitare forse gli imbarazzi tra Marta e gli altri familiari.

Questi ultimi leggono un commovente bel ricordo di Giuseppe, senza riferimenti alla cronaca, con tanta dignità di dolore e lacrime che continuano a sgorgare anche fuori. Mentre la vedova non tradisce apparenti emozioni e, finita la cerimonia esce, si mette in disparte per poi salire sul carro funebre alla volta del cimitero. Fratelli, sorelle, nipoti con metà paese seguono a piedi la processione dietro alla bara. Al camposanto il gelo resta. E restano ancora tante domande senza risposta.