Traballa l’interdittiva a Falbo Il Consiglio di Stato rinvia al Tar Si ridiscute il caso Manfreda?

Accolto il ricorso dell’imprenditore edile cutrese: "Si valuti la sospensione del provvedimento". Sulla base anche di quella misura, il Prefetto sancì il ’no’ alla white list per l’ex assessore di Casina. .

Traballa l’interdittiva a Falbo  Il Consiglio di Stato rinvia al Tar  Si ridiscute il caso Manfreda?

Traballa l’interdittiva a Falbo Il Consiglio di Stato rinvia al Tar Si ridiscute il caso Manfreda?

di Alessandra Codeluppi

Francesco Falbo, imprenditore edile di 67 anni originario di Cutro e residente a Casina, era stato raggiunto nei mesi scorsi da un’interdittiva antimafia. Lui si era rivolto al Tar, che aveva confermato il provvedimento emesso dalla Prefettura reggiana. Poi è ricorso al Consiglio di Stato che, pochi giorni fa, ha deciso di rinviare il suo fascicolo al Tar perché valuti di concedergli la sospensiva del provvedimento da lui richiesta.

La sua vicenda si collega a quella dell’ex assessore ai Lavori pubblici di Casina Tommaso Manfreda, raggiunto da un diniego della Prefettura per l’iscrizione della sua azienda edile (con sede in via Simonini) alla white list, anche per contatti con la famiglia Falbo di Casina. In dicembre il sindaco Stefano Costi aveva definito "fulmine a ciel sereno" l’iniziativa prefettizia verso Francesco Falbo: "Conosco da sempre la sua famiglia".

Nel frattempo le autorità hanno deciso di mettere sotto la lente di ingrandimento le dinamiche interne al Comune di Casina: l’ex prefetto Iolanda Rolli, come ultimo atto prima della pensione, su delega del ministero dell’Interno, ha nominato una commissione di indagine nel municipio appenninico per verificare eventuali tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata. Da quanto si apprende, a carico di Falbo era scattata la misura prefettizia per diversi motivi. Era stato indagato e poi imputato nell’udienza preliminare scaturita dall’operazione ‘Billions’, che ha scoperchiato una presunta associazione a delinquere, composta da una cinquantina di persone, più altri 130 soggetti accusati a vario titolo di fatture per operazioni inesistenti, reati tributari, riciclaggio e bancarotta fraudolenta. Di Falbo si sottolineava anche una parentela con i Grande Aracri, nonché presunti collegamenti con l’indagine ‘Aemilia’.

Nel ricorso difensivo, lui – nato il 6 marzo 1956 – ha sottolineato però di non essere stato indagato in ‘Aemilia’. E che vi è un caso di omonimia con un altro Francesco Falbo – nato il 20 settembre 1965 –, quest’ultimo coinvolto invece nell’operazione ‘Aemilia’ attraverso il cosiddetto affare della lottizzazione di Sorbolo, comune parmense in cui risiede. Altro aspetto sollevato, è l’esito dell’udienza preliminare di ‘Billions’: Falbo di Casina era accusato di frode fiscale come legale rappresentante della sua ditta, che aveva ricevuto una fattura di 1.500 euro da un’altra azienda, ritenuta una società cosiddetta ‘cartiera’ per emettere fatture per operazioni inesistenti. Il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio, ma in dicembre il gup Andrea Rat aveva emesso per Falbo e altri quattro imputati una sentenza di non luogo a procedere. Ora il Consiglio di Stato ha chiesto che il Tar verifichi la questione omonimia e che anche alla luce del proscioglimento in ‘Billions’, valuti se ci sono gli elementi per sospendere l’interdittiva.