ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Ubriaco al volante, quattro morti: "Lame sconti la pena in Italia"

I familiari delle vittime: "In Albania sta bene e va al bar". Il difensore: "Ha una pensione di invalidità"

I familiari delle vittime: "In Albania sta bene e va al bar". Il difensore: "Ha una pensione di invalidità"

I familiari delle vittime: "In Albania sta bene e va al bar". Il difensore: "Ha una pensione di invalidità"

"E adesso sconti la sua condanna in carcere". Chiedono con forza la “certezza della pena” i coniugi Hyseni, genitori e nonni delle vittime, all’indomani della sentenza con la quale lunedì il gip Luca Ramponi ha condannato a sette anni e quattro mesi Orjol Lame quale responsabile unico della strage consumatasi il 30 ottobre 2022 a Gaida.

Il 32enne – albanese come le vittime, unico sopravvissuto – si schiantò con la Fiat Stylo che stava guidando contro una casa uccidendo le quattro persone che stava trasportando: la sua compagna Shane Hyseni, di 22 anni, il loro figlio o Mattias, di appena un anno e quattro mesi, e i due fratelli più piccoli di Shane, Resat e Rejana, rispettivamente di 11 e 9 anni. Non bastasse l’omicidio stradale plurimo, l’imputato doveva anche rispondere di una sfilza di aggravanti, a cominciare dalla folle velocità a cui viaggiava e dall’essersi messo al volante imbottito di cocaina; l’auto non era assicurata né revisionata (e neppure sua) e guidava senza aver mai conseguito la patente.

Ma ai coniugi Hyseni – fanno sapere in una nota dallo Studio3A-Valore spa, che assiste le parti civili assieme all’avvocato Nicola Termanini – "ciò che preme soprattutto è che l’imputato sconti veramente la sua pena in carcere, anche in ragione del fatto che si è ripreso più che discretamente dai postumi dell’incidente: nel periodo in cui era in discussione la sua capacità di intendere e di volere, e quindi di sostenere il processo, Studio3A, che ha anche una propria sede a Tirana, in Albania, attraverso un investigatore privato del luogo, aveva dimostrato inequivocabilmente come nel suo Paese, dove si è presto rifugiato, conducesse una vita del tutto normale, muovendosi in piena autonomia, frequentando tranquillamente i bar".

E ancora: "Siamo fermamente convinti che il regime carcerario italiano sia del tutto compatibile con le condizioni fisiche di Lame, è qui che deve pagare per ciò che ha fatto e in Italia", asseriscono i genitori e i nonni delle vittime.

Sarà anche questa una battaglia, "ma quando la sentenza passerà in giudicato saremo lì, ad aspettarlo, e ci batteremo perché dall’Albania venga subito estradato in Italia e vada in prigione".

Di diversa opinione l’avvocato difensore di Lame, Giuseppe Caldarola: "Lo stato di salute del mio assistito, dovuto all’incidente, è certificato: si tratta di una disabilità, a causa della quale percepisce una pensione di invalidità in Albania. Lui è già tornato in Italia per partecipare al processo, non è mai scappato e non si è mai sottratto; tutto questo è agli atti. E così farà nel caso ci siano altri gradi di giudizio".