Reggio Emilia, il vescovo Camisasca alla veglia contro l’omofobia / FOTO

Preghiera e polemiche, il vescovo: "Tutti sono figli amati"

La chiesa (foto Artioli)

La chiesa (foto Artioli)

Reggio Emilia, 21 maggio 2018 - «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi». Si è aperta con questo passo del Vangelo di Matteo la veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia, transfobia e di ogni forma di discriminazione di ieri sera nella chiesa di Regina Pacis. A presiedere il momento di preghiera, anticipata nei giorni scorsi da polemiche, accuse e striscioni di Forza Nuova, il vescovo di Reggio Massimo Camisasca. Una presenza forte, per ribadire che la Chiesa sta dalla parte di chi accoglie, di chi vuole creare ponti e aprire un dialogo per aiutare proprio coloro che sono «affaticati ed oppressi».

Oltre 250 persone hanno affollato la chiesa: tra loro don Giuseppe Dossetti, parroco di San Pellegrino, don Davide Poletti, parroco dell’unità pastorale Sacro Cuore, Pierluigi Castagnetti, ex parlamentare, ma soprattutto tanti reggiani, credenti e non, per mostrare la propria vicinanza al gruppo di preghiera formato da persone Lgbt guidato dal parroco di Regina Pacis don Paolo Cugini. Proprio Cugini, prima di entrare in chiesa, è spiazzato dal clima di polemica verso un appuntamento che si ripete per il secondo anno consecutivo: «L’anno scorso era tutto contro di me, quest’anno la novità è che il vescovo ha chiesto di guidarla, quindi tutto è stato diretto contro di lui. Il gesto di stasera lo considero molto umano, segno di una Chiesa presente e vicina agli ultimi e ai discriminati». Nessun giudizio, invece, sulla «processione di riparazione» in contemporanea sotto il vescovado: «Non conosco nessuno di loro. Dispiace, soprattutto perché il vescovo è qui con noi e dove c’è lui c’è la Chiesa».

In un clima di comunione, il messaggio del vescovo per spiegare il senso della sua presenza alla veglia: «Sono qui per continuare il dialogo, un dialogo iniziato tanti anni fa, con le persone che trovano attrazione per persone dello stesso sesso, venute da me come amico e sacerdote per essere confortate e consigliate». Il vescovo ha poi speso parole di vicinanza verso coloro che trovano sofferenza nella loro condizione, ribadendo che «non sono qui per una sigla, Lgbt, che non mi appartiene, ma sono qui per il sostantivo «persone», con la volontà aiutare tutte le persone di qualunque etnia, cultura, orientamento sessuale». Poi l’abbraccio simbolico: «Vi considero tutti figli, a tutti gli effetti. Anzi, figli amati e desiderati, in particolare verso chi si sente oggetto di incomprensione. Partecipo alla sofferenza di chi si è sentito escluso per qualsiasi ragione. Troverete sempre in me una persona che vi potrà ascoltare e, per quanto possibile, accompagnare».