REDAZIONE REGGIO EMILIA

Via libera al Polo della Moda: "Una corte verde sostenibile per l’area delle ex Fiere"

Presentato ieri al Tecnopolo il piano architettonico di Max Mara, realizzato dallo studio Barozzi "Quartier generale, un paesaggio rigenerato e rispettoso della tradizione dell’azienda".

Presentato ieri al Tecnopolo il piano architettonico di Max Mara, realizzato dallo studio Barozzi "Quartier generale, un paesaggio rigenerato e rispettoso della tradizione dell’azienda".

Presentato ieri al Tecnopolo il piano architettonico di Max Mara, realizzato dallo studio Barozzi "Quartier generale, un paesaggio rigenerato e rispettoso della tradizione dell’azienda".

"Le famiglie non fanno progetti per cinque anni, ma per generazioni". Con questa frase di Achille Maramotti si è aperta ieri, nella sala conferenze del Tecnopolo di Reggio, la presentazione pubblica del futuro Polo della Moda, che sorgerà nell’area delle ex Fiere, tra via Aldo Moro e via Gaetano Filangieri. Un progetto ambizioso, a pochi passi dal vecchio headquarter di Max Mara, destinato a ridefinire il volto di una zona dismessa da oltre quindici anni restituendole valore e funzioni attraverso al collaborazione di pubblico e privato.

A illustrare i dettagli dell’iniziativa promossa da Max Mara Fashion Group, sono stati l’architetto Piegiorgio Vitillo, curatore della progettazione urbanistica e coordinatore generale del Piano di iniziativa pubblica (Paip), e l’architetto Fabrizio Barozzi dello studio Barozzi Veiga di Barcellona, vincitore del concorso internazionale di progettazione.

A moderare l’incontro l’assessore alla Rigenerazione Urbana e Sviluppo sostenibile Carlo Pasini, che ha sottolineato l’importanza strategica dell’intervento: "Siamo nella fase di completamento del processo autorizzativo di un progetto che riguarda un’area dismessa da quindici anni. È un passaggio rilevante non solo per l’azienda, ma per tutta la città".

Il cuore del progetto sarà una corte verde, il nuovo head quarter dell’azienda concepito come spazio di lavoro e di incontro, immerso in un paesaggio rigenerato. "Questo progetto nasce da un processo pubblico molto ben strutturato. Ci è stato dato ampio margine per sviluppare una proposta che rispecchiasse i valori dell’azienda" ha spiegato Barozzi. E proprio quei valori – tradizione, sobrietà, misura, essenzialità, well-being – sono diventati la spina dorsale della proposta architettonica. Dopo uno studio approfondito della storia e dell’identità di Max Mara, il team di architetti ha infatti lavorato sull’idea di complementarietà con l’attuale e vicino campus aziendale. Due aree diverse e in dialogo allo stesso tempo: il campus aperto al paesaggio, mentre la nuova corte "con una relazione più introversa rispetto all’esterno". Perchè questa struttura? Beh perchè "abbiamo immaginato una corte verde che rappresenta sia la tradizione italiana che l’identità dell’azienda – ha aggiunto Barozzi –. Un progetto che partendo da un archetipo classico come la corte, lo reinventa in chiave contemporanea. Abbiamo preso ispirazione dai Chiostri di San Pietro, ma il nostro progetto avrà un grande parco interno".

L’intervento prevede 27mila metri quadri di superficie destinata ai magazzini, circa 20mila per la nuova sede, e poi tutto un contorno che si suddivide in aree verdi, aree destinate ai parcheggi e anche una zona mensa. Più della metà di tutta la superficie sarà permeabile, con piantumazioni profonde e fasce alberate. Al centro della corte un parco da 5 mila metri quadri su cui si affaccieranno tutte le aree di lavoro. L’edificio si articolerà su più livelli scalonati, con portici a ogni piano che consentiranno la circolazione interna e offriranno ombra agli uffici. "Abbiamo pensato a strutture semplici, con materiali naturali. Stiamo valutando l’uso del legno per tutta la struttura esterna. L’obiettivo è un complesso quasi autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie a sistemi geotermici e fotovoltaici".

Insomma, un progetto che punta a restituire un senso a un’area abbandonata sempre rispettando il paesaggio circostanta. "L’architettura è un progetto collettivo – ha concluso Barozzi –. Funziona solo quando c’è una comunità di intenti. E finora questo spirito ha guidato ogni passo".

Elia Biavardi